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Bibliografia

VITTORIO SANTINI:   Maestro - Direttore / Ispettore Didattico

In partibus et in pectore

 

Indice analitico

 

Premessa

Il conclave

I due pellegrini

Fumata bianca

La prima messa

Habemus Papam

La prima udienza

In pectore

Conclusione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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INIZIO PAG

 

 
Racconto fantasioso di due prelati modestissimi, come si trovavano nella campagna urbinate; uno buono, pio e serafico che i parrocchiani chiamavano San Pietro invece del corretto Don Pietro; l'altro, Don Polifemo, non era terribile come il ciclope suo omonimo, anzi era allegro, scanzonato, caritatevole sì, ma anche dispensatore di pesanti cazzotti, specie quando qualcuno diceva male in sua presenza della chiesa, dei preti o del papa.  Questi si recarono a piedi a Roma per adempiere ad un voto. Il caso volle che in Vaticano si svolgessero da molti giorni le estenuanti riunioni del concistoro per eleggere un nuovo Papa. Per porre fine alle incertezze, i cardinali ordinarono al Governatore del Conclave di cercare fra i prelati che officiavano nella cattedrale di San Pietro quello adatto al caso. La scelta cadde sul nostro Don Pietro degno, a sua insaputa, di salire sul maestoso soglio.

PREMESSA

Questa storia me la raccontò un arguto parroco di montagna una sera d'inverno in cui fui suo ospite, davanti ad un focolare dove allegra scoppiettava una grandiosa fiammata di quelle che oggi si possono ammirare e godere solamente in alte solitudini. A narrazione ultimata il buon prete ritenne opportuno mettermi sull'avviso che se, putacaso, il fatto non fosse vero (e non lo sarà di certo) potrebbe però essere verosimile (una distinzione che io non riuscii ad afferrare se non nel corso della narrazione). Il racconto, dico il vero, mi piacque tanto da invogliarmi di metterlo in carta, molto alla buona, si capisce, perchè io non la faccio da scrittore, consigliando la persona cui questi fogli dovettero capitare fra le mani e avesse l'eroica voglia di leggerli tutti, di accogliere la narrazione col beneficio, come si suol dire, dell'inventario. In quanto al tempo in cui questi fatti sarebbero avvenuti (ammesso, ripeto, che siano veramente avvenuti, il mio narratore mi consigliò di andare a ritroso nei secoli; consiglio che io ripeto al mio lettore. Dopo di che vengo al sodo.

  

IL CONCLAVE

 Correva l'anno del Signore (l'anno mettetelo a piacer vostro o non mettetelo affatto che fa lostesso)... Nel palazzo del Vaticano di Roma si svolgeva un conclave per eleggere, com'é facile capire, un nuovo papa che l'altro da qualche tempo era salito in Cielo per ricevere il premio della sua angelica bontà e ammirabile attività pontificale. Il conclave non era cominciato ieri bensì da parecchi mesi durante i quali gli eminentissimi porporati (non erano molti i cardinali; una trentina appena) si adunavano due volte al giorno a discutere e votare senza però venire a risultati positivi. A questo proposito giova ricordare che nei tempi andati, per fortuna tramontati da parecchio tempo, i conclavi non si svolgevano rapidi e sereni come quelli dei nostri giorni ai quali noi stessi abbiamo spiritualmente assistito a mezzo della radio, della televisione, della stampa e nessuno può dire che le scelte degli ultimi pontefici non siano state le più felici. Gli storici in materia ci hanno lasciato detto che ci furono in passato, nei secoli religiosamente e politicamente critici, conclavi che si trascinarono mesi e perfino per anni; per esempio, Gregorio X fu eletto con un conclave tenutosi a Viterbo, durato la bellezza di due anni e nove mesi e Dio sa quanto si sarebbero concluso se i viterbesi sdegnati di tanta lungaggine non avessero scoperchiato i tetti del palazzo dove i cardinali erano congregati lasciandoli esposti al freddo ed alle intemperie. Oltre che durare lungo, i conclavi di un tempo erano tormentati da dispute fra cardinali partigiani or per questo o per quel papabile; da agitazioni di piazza da parte del popolaccio diviso in partiti; da inframmettenze di famiglie nobili che parteggiavano per candidati delle rispettive casate, che riempivano Roma dice la storia, di selvagge e sanguinose lotte che furono le principali cause se gualche volta la scelta non riuscì delle più felici. (Da ricordare la elezione di Alessandro sesto al secolo Rodrigo Borgia) Furono, è vero, casi rari che di papi santi la storia ne registra moltissimi… e gli ultimi sono di questo numero.

Il conclave di cui si parla durava già da parecchio tempo e le "fumate" anzi per usare una parola più propria, le "sfumate" (le fumate erano e sono ancora avviso che il papa è stato eletto, le sfumate di colore scuro significano che il papa é... sfumato) le fumate di

colore oscuro,segno di votazione "nulla', si susseguivano con esasperante frequenza. La "fazioni" (brutta parola, annota il Manzoni, ma è quella che si usava) alla fine si erano ridotte a tre solamente, ma di forze pressochè uguali, dieci cardinali per fazione, intransigenti ed ognuna incrollabile nelle loro posizioni di guisa che non ricevendo nessuno dei tre candidati i due terzi dei voti necessari per la elezione, il papa restava sempre "in parti bus". Gli eminentissimi cardinali; annotò il mie narratore erano ottimi prelati sotto ogni rapporto ma quando neglii affari anche spirituali entra in lizza la intransigenza di parte, la serenità anche degli spiriti migliori ne rimane scossa e con risultati niente affatto edificanti.

Adunque conclave movimentato, laborioso, delicato. La chiesa in gramaglie e l'orbe cattolica pregava in trepida attesa. Il popolo romano che più da vicino seguiva l'avvenimento, spesso si abbandonava ad atti di impazienza, col dovuto rispetto al "Sacro Collegio" elettorale e l'invocazione di "Volemo er papa" " "fate sto papa!" "sbrigateve che semo stufi!" Salivano minacciose le logge vaticane e talvolta impaurivano gli eminentissimi cardinali, ma il papa non arrivava ed i buoni quiriti quando avevano le gole riarse dal troppo gridare andavano a rinfrescarle non precisamente con la famosa "acqua marcia" ma spargendosi nelle 6666 osterie di cui la capitale del mondo cristiano-cattolico era adornata. Ubriacandosi alla salute del papa "in partibus".

  

I DUE PELLEGRINI

 Fu appunto in questo scorcio di tempo che due modestissimi preti di non so qual parte d'Italia, lasciarono il loro paesello per muoversi, servendosi del "cavallo di S.Francesco", verso Roma onde sciogliere un voto, fatto in circostanze di scampato pericolo, di celebrare una messa di ringraziamento presso la tomba del principe degli Apostoli. Erano costoro due modesti pretini, nemmeno parroci ma cappellanucci di povere cappellanie rurali. Il mio narratore mi fece anche i loro nomi. IL più anziano si chiamava Don Pietro Santi. Era sulla sessantina ma stava bene di corpo e d'anima. La perla dei sacerdoti: buono, buono, buono, tanto che i paesani lo chiamavano "San Pietro" sopprimendo la sillaba "ti" al cognome. Il più giovane portava un nome mitologico, Don Polifemo. Non era terribile come il ciclope suo omonimo anzi era allegro, scanzonato, caritatevole, quando poteva perchè generalmente era squattrinato marcio e buono, ma non tre volte come l'altro, perchè sapeva anche distribuire tempo e necessità e per meriti speciali, pesanti cazzotti specie quando qualcuno diceva male in sua presenza della chiesa, dei preti, del papa.

A toccargli il papa, Dio ce ne liberi, i pugni fioccavano a suon di grancassa. E i pugni di quel ciclope erano pesantini anzichenò. Di lui il mio forestiero narratore mi racconto questo aneddoto: un tizio in una discussione con lui gli disse sul muso che i preti in genere e lui in ispecie, non sempre osservavano i precetti del Vangelo. Gli chiese Don Polifemo: «Come puoi dire questo di me se mi conosci appena?»

«Lo immagino, fu la risposta dell1altro».

«Tu hai una bella immaginazione! Ad ogni modo mettimi alla prova».

«Ecco, dice il signor Tizio, il Vangelo dice che se uno riceve uno schiaffo lo schiaffeggiato deve presentare l'alta guancia per riceverne un altro, vero?»

«Esatto, dice Don Polifemo».

«E lei se schiaffeggiato presenterebbe l'altra guancia?»

«E perchè no? - risponde il prete punto nel vivo - Ecco colpisci pure».

II Tizio esegue e Don Polifemo presenta l'altra guancia. Lo schiaffeggiatore che non si aspettava questo rigido rispetto al Vangelo, colpisce l'altra guancia del prete… Disgraziato! riceve in faccia, in testa, nel corpo una gragnola tale di sodi cazzotti da metterlo in pochè secondi in K.O.

«Ecco, pretaccio eretico, dice l'altro piagnucolando e dolorando, il tuo Vangelo!»

Polifemo con la massima calma dice al battuto:

«Ma non ti pare l'abbia osservato? Allo schiaffo che mi hai dato nella guancia destra non ti ho forse presentato quella sinistra? E tu non hai colpito?»

«Questo sì, ma poi.... (e si grattava la testa ancora tutta rintontita dai pugni della "destra" di Don Polifemo)».

«Ah! in quanto al "poi" il Vangelo non entra in questione perchè tace su quel che si deve fare dopo ricevuto il secondo schiaffo, lascia cioè libertà d’azione al "due volte schiaffeggiato...»

Presentati così, i due pellegrini li troviamo a Roma giuntivi dopo giorni e giorni di un viaggio pieno di peripezie e di fastidi. Con un appuntino di itinerario tracciato dal loro prevosto, che Roma la conosceva bene, sbuccarono in un modesto alberguccio poco lungi dalla piazza di S.Pietro e li vi presero, come si suol dire, stanza. Messe a posto le loro poche cose che si erano portati in viaggio; riposatosi alcunché uscirono e fecero la prima visita al massimo tempio della cristianità e, come vi sarà facile immaginare, restarono ammirati, anzi estasiati, dinnanzi a tanta magnificenza e grandiosità, pregustando, fin da quel momento, la gioia ineffabile di poter dir messa domani in quella grandiosa basilica.

«Altro che le nostre scalcinate cappelle!» osò mormorare Don Polifago ma tosto fu redarguito da Don Pietro:

«Anche le nostre cappelle sono case di Dio e per lui che preferì nascere una stalla tanto val questa tanto valgono quelle, non dimenticarlo mai».

 Verso sera i due pretini li ritroviamo nel loro albergo. Dice l'anziano:

«Giacché al buon Dio è piaciuto condurci a buon porto e sappiamo noi con quanti sacrifici, ringraziamolo di cuore, rifocilliamoci un po' che ne abbiamo proprio di bisogno e poi andiamo a letto per essere pronti domani mattina di buonora a celebrare la messa in quel paradiso che abbiamo testé ammirato».

In quanto a ringraziar Dio Don Polifemo fu perfettamente d'accordo, in quanto a rifocillarsi pensate se poteva avere obiezioni da fare; ciò che lo trovala dissenziente fu l'affare di andare a letto presto. In lui più che la stanchezza "potè" la voglia di gironzolare subito per le vie della città. Motivo per cui in tal guisa parlò al collega:

«Mio: caro S. Pietro... » ma S.Pietro, ossia Pietro Santi, lo interruppe con queste sensate parole:

«Ti prego Don Poli.... (il "femo" lo lasciò sulla lingua) chiamami semplicemente Don Pietro e non mescolare il fango della terra con la luce del cielo specie in questi luoghi che furono irrorati del suo sangue benedetto e di quello di milioni di martiri della nostra santa religione».

«Volevo dire, o mio Don Pietro, che non mi pare una buona ragione di mettersi così presto sotto le coperte; ma non pensi che siamo a Roma (a me sembra un sogno) dove (ce lo ha detto anche Don Gioacchino il loro prevosto) ci sono tante tante cose da ammirare anche quando in cielo brillan le stelle. Approffittiamocene subito giacché abbiamo il tempo di farlo».

Ma non fu di questo parere Don Pietro fermo nel proposito di andare a letto subito, perché:

«Siamo venuti a Roma per l'adempimento di un voto sacro e per pregare, non per divertirci. A letto, a letto via, già che anche lo stomaco è ora stato messo a posto».

«Ma perchè andare a letto con le galline?»

«Per la stessa ragione per la quale quelle assennate bestiole si alzano presto il mattino».

Per farla breve, la disputa che fu amichevole ma animata, si concluse con la decisione che ognuno avrebbe fatto il piacer suo (per non dire il suo comodo) ragion per cui l'anziano si coricò subito, il giovane infilò l'uscio e si mise a gironzolare per le vie adiacenti senza fare, beninteso, disordine alcuno. Quando Don Polifemo ritornò all'albergo, Don Pietro dormiva saporitamente da qualche ora e Don Polifemo si studiò di non fare rumori da svegliarlo. Non so se ho detto che i due preti, per ragioni di economia (la camera costava quattro "baiocchi del papa" perchè aveva due lettini) erano alloggiati nella stessa camera (due baiocchi sia che fosse stata occupata da un solo cliente sia da due). Stanco del lungo passeggiare anche Don Polifemo si coricò, efelice notte a tutti e due.

Lasciamoli dormire in pace e ritorniamo ai personaggi del Conclave. Se mi si chiederà che relazione poteva correre tra il grande avvenimento di un Concilio di principi della Chiesa e i modestissimi fatti di due umili pretini di campagna, rispondo che la relazione c'é e come e interessante come or ora vedremo.

  

FUMATA BIANCA

Quello stesso giorno, 28 giugno, dell'arrivo a Roma dei pretini che abbiamo conosciuto, il Sacro Collegio aveva tenuto in Conclave la sua ennesima seduta, una forse delle più animate e che non promettevano certo una rapida soluzione. . Infatti le votazioni che seguirono sortirono sempre risultato negativo. La seduta stava per essere sospesa quando chiese la parola il più vecchio dei cardinali che era tenuto in concetto di santità e che aveva, mi disse il mio narratore, superato il secolo di vita. Una vita tutta spesa ad opere di bene ed al servizio della chiesa. Troppo vecchio per reggere il grave pondo della tiara ma abbastanza giovane di spirito per dare aurei e assennati consigli. Durante le sedute del conclave mai aveva pronunciato verbo malgrado fosse stato parecchie volte interpellato. Aveva preso parte alle votazioni pregando e votando ma il suo voto non aveva mai fatto traboccare la bilancia su questa o quella parte. Attenzione, ora si accinge a parlare. Tutti lo intuiscono e si mettono in grande attenzione. (A questo punto il mio storiografo prende l’atteggiamento di chi vuol fare un lungo discorso. Parla con voce nasale e debole per meglio imitare il venerando cardinale):

«Non sono, o eminentissimi colleghi, le arti del maligno che secondo una credenza diffusa in questi giorni, sarebbero entrate qui ad ostacolare o ritardare la elezione del Sommo Pontefice. Troppa comoda giustificazione per le nostre turbate coscienze. Satana (tutti si segnano) anche volendo, non potrebbe entrare in questo sacro luogo dove campeggia, sentinella avanzata, la Croce di Cristo. No; ve lo dico con rossore e con strazio, la ragione è un'altra. E' Dio stesso che non vede in nessuno di noi (in me, meno di voi tutti) la persona degna di rappresentarlo in terra! (L'uditorio, spiega il mio narratore, si raccoglie in dolorosa compunzione; tutti abbassano gli occhi e poi quasi sincronicamente, li alzano al cielo per evitare di guardar troppo nel fondo delle loro coscienze. Se così è, continuò il vegliardo, e tutto dimostra che non può essere diversamente, perchè tanto affannarsi? tanto discutere? e tanto votare? Voi vedete a luce meridiana che tutto questo si conclude con "nulla di fatto che scandalizza le coscienze dei credenti in Cristo. Vi do un consiglio: rimettetevi, ossia rimettiamoci a Dio. Dio sa fare lui solo le meraviglie e supplire alla lentezza e alle incertezze di noi suoi poveri servi. Ma col consiglio mi corre il dovere di insegnarvi il modo di agire. Ecco: domani è la festa del primo papa. S. Pietro preghi Dio che ci mandi il suo uomo che regga la sua Chiesa. Un uomo degno sia pur umile; un uomo santo anche se non investito di pieni poteri sacerdotali, ma cristiano e forte come S.Paolo, intrepido come Ildebrando, tutta fede e tutta attività. Nell'orbe cattolica ci sono tanti, tanti Suoi ministri che vivono nel pieno adempimento dei loro santi doveri che sarebbero davvero i degni rappresentanti del Signore. A noi non sempre è dato conoscere queste sante creature ma Dio sì che le conosce e scelga lui il suo uomo, e decidiamo che il primo sacerdote che celebrerà domani, anniversario del martirio del primo papa, la prima messa a S.Pietro sia senz'altro il "Pietro vivente" che succeda nella più alta e sublime cattedra del mondo a gloria del Signore e per il trionfo della nostra santa Religione. Abbiate fede in lui e state ben certi che Dio ci manderà il suo uomo e noi avremo concluso il nostro mandato senza lasciare nei nostri animi postumi pentimenti e strascichi di diaboliche ambizioni. Andando sulla strada di Dio egli resterà mallevadore della scelta.

Dio che ha ispirato la mia insignificante persona, forse perchè più di Voi ho vissuto al suo servizio, anche se l'opera mia sarà stata lenta e povera, per parlarvi in suo nome mandi a voi tutti il buon consiglio e benedica l'operato vostro. Ho detto!»

Tale il senso del discorso e di tal genere se non tali appunto, le parole del vegliardo cardinale che lasciarono nell'uditorio una profonda sensazione Un angoscioso ma sano raccoglimento invase i cuori dei cardinali quando, cessato il discorso del santo porporato, giungono ai loro orecchi i lenti misurati rintocchi dell'Ave Maria dati dal campanone della basilica. Tutti si raccolgono nella preghiera della mistica, poetica "salutazione angelica'!

Finita la quale ad invito del Decano del Sacro Collegio alzano la mano in approvazione della proposta del centenario porporato e così, senza venir meno alle regole del "Diritto Canònico" che consente anche questa procedura, il Papa è eletto per "acclamazione"

Non si conosce ancora la persona fisica investita di sì alta dignità e che dovrà dare il suo assenso. La si conoscerà domani mattina, 29 giugno, dopo la prima messa che sarà celebrata in S.Pietro.

Il Governatore del Conclave, un monsignore rappresentante tutto il clero, dà disposizioni al Maresciallo del Conclave stesso, la più alta carica laica del Vaticano in periodo di sede vacante, perchè prenda i necessari provvedimenti perchè l'indomani il deliberato dei cardinali abbia la sua piena attuazione; dopo di che gli eminentissimi elettori si ritirano nelle loro camere coi cuori rimboccati di gioia, meno quelli di qualche papabile che veramente aspirava a quel posto così desiderabile all'ambizione, come scrisse il Manzoni, e così terribile alla pietà, desiosi di vedere l'indomani le sembianze di colui al quale il mondo cattolico canterà con grande gaudio: TU ES PETROS

  

LA PRIMA. MESSA DEL 29 GIUGNO A S.PIETRO (anno ?????)

 E ritorniamo ai due personaggi ohe abbiamo lasciato in braccio a Morfeo là in una modesta e povera cameretta di un alberguccio nei pressi di S.Pietro. Credo, dopo quanto abbiamo narrato finora, che il lettore cominci a raccapezzare qualcosa sulla relazione che può correre fra conclave e i fatti dei due pretini pellegrini in Roma.

Quel tal campanone che ieri sera aveva fatto sentire i suoi rintocchi del l'Angelus vespertino ripete il suo canto questa mattina unito a quello delle allodola mentre le campane di Roma ne ripetono il concento. Veramente soave per ogni cuore questo saluto alla madre di Dio che ha ispirato il Carducci, non certamente tenero in fatto di religione, questi sublimi versi:

Ave Maria! Quando sull'aure corre

l'umil saluto, i piccioli mortali

scovrono il capo, curvano la fronte

Dante ed Aroldo

Una di flauti lenta melodia

passa invisibil fra la terra e il cielo...

 

Sia essa l'Ave Maria della sera, sia quella del mattino; sia che il suono ci giunga da un campanile cittadino sia che, più tenue e raccolto, ma non meno melodioso, ci giunga da una nascosta chiesetta montana...

Questo soave suono di sacri bronzi giunge agli orecchi di Don Pietro che era già desto da un pezzo impaziente che arrivasse il sospirato momento di adempiere con l'amico e collega il magnanimo voto e per il quale aveno sfidato le fatiche di un lungo cammino. Il prete balza dal suo letto e si studia di destare Don Polifemo che dorme proprio della grossa:

«Don Poli senti le campane che salutano la Madonna e ci invitano al sacro rito. Bella è là mattina e bella sarà per noi questa giornata».

Risponde don Polifemo rivoltandosi sotto le coperte ed ancor tutta assonnato sbadiglia stirandosi con le membra:

«Ho ancora sonno Pietro mio. Attendiamo ancora un poco. La messa possiamo dirla anche più tardi? abbiamo tempo fino a mezzogiorno e mezzogiorno è ancora lontano... Lasciami ancora dormire, che se venissi adesso sonnolento ed anche stanco come mi sento farei un brutto sèrvizio all'anima mia e il voto mio sarebbe male adempiuto. Più riposato potrò fare meglio quel che devo fare».

Insiste Don Pietro:

«Fatti forte fratello, Dio ti aiuterà e ti darà forza e spirito».

«Mi sento ancora stanco, ti dico, ieri sera ho camminato troppo: ho fatto male lo so ma tant'è cosa fatta capo ha. Aggiungi che col cambiamento del letto, ma che letto duro! mi sembrava dormire  per terra!»

«Anche il nostro Redentore dormiva per terra».

«Però dormiva male».

Don Pietro riprese il discorso della messa:

«Ma su vieni a dir messa; non pensi tu di quanti divini tesori e indulgenze sarà fecondo questo nostro atto di celebrare all'alba e forse i primi della giornata; di una santa giornata come questa per la chiesa?»

«Si,si sarà un cosa bella ma io ho sonno. Va intanto tu; se non ci rivedremo subito dopo la tua messa ti dico in anticipo adesso "prosit"!»

E si mise col viso ed il ventre sotto a dormire con accompagnamento di contrabbasso.

Lettore, (se ci sei), ti prego segui se ti interessa il mio racconto senza por mente alla forma del mio scrivere che è, lo so, lo so, scorretta assai, mentree proprio in questo punto della narrazione occorrerebbe fervida fantasia e alata parola, mentre invece son costretto continuare un po' alla "carlona". Adunque visti inutili i suoi inviti e consigli, Don Pietro esce e solo e dimesso si dirige verso la basilica di S.Pietro. E' l'alba appena e pochissimi gente gira per le strade. Seguiamo il prete passo passo. Mette conto. Egli entra nel grandioso tempio con lo stesso religioso raccoglimento con cui entrava nella sua cappelletta povera e dimessa del suo paese e come sempre faceva in quella o quando entrava in qualunque chiesa, si portò dinnanzi l'altare "Gesù prigioniero d'amore" sotto il bianco velo dell'Ostia Santa e, lì prostrato nel nudo magnifico pavimento recita le consuete devozioni. Passa poi presso la tomba del Primo Apostolo e prega ancora invocando la sua assistenza durante il Sacrificio Divino che si appressa a celebrare. Negli altari le candele sono spente, nessuna messa è ancora entrata: qualche vaga ombra di visitatore mattiniero si aggira lungo le navate della Basilica; è ancora troppo presto perchè la chiesa si popoli...

Eccolo il nostro Pietro in sagrestia (magnifica anche quella! Altro che i vecchi tarlati cassabanchi delle loro cappelle! Osserverebbe Polifemo; ma lui dorme, il disgraziato!) In sagrestia ci sono indaffarati a preparare paludamenti per le funzioni della giornata i cosiddetti "sanpieitrini" (sagrestani) e in piedi alto, solenne nella sua divisa un signore di nobile aspetto, con l'abito del patriziato romano del tempo; una casacca di velluto nero aperta sul davanti, con maniche guarnite di merletto bianco uscente dai polsi, bottoni sfaccettati, panciotto di raso nero e pantaloni corti dello stesso tessuto fermato sotto il ginocchio da un cinturino con la fibbia d'argento; di un gonnellino a pieghe di seta nera, un mantello corto di seta nera anch'esso, con merletto sovrapposto dello stesso colore una cravatta a Jabot di pizzo bianco, una feluca ornata di piume bianche e uno spadino con l'impugnatura d'argento; un personaggio che più di ogni altro colpisce la fantasia popolare perchè è la più alta carica del Vaticano quando la sede è vacante del Titolare perchè sulle sue spalle grava la responsabilità di vigilare perchè tutto proceda nel massimo ordine e non ci siano interferenze esterne. Era nientemeno il Gran Maresciallo del Conclave disceso a S. Pietro per... il perchè lo sappiamo già. Il nostro povero prete non senza confusione e timidezza; si avvicina ad un sacerdote che dal modo di muoversi e ctare ordini al personale dava da vedere essere il "sagrista", e a voce bassa gli dice:

«Sono il sacerdote Don Pietro Santi».

«Auguri, gli dice il sagrista il vostro onomastico...»

«Grazie! appartengo alla diocesi di… e chiedo umilmente il permesso di celebrare la Santa Messa in uno degli altari di questo vetusto tempio. Questi sono i documenti che la curia dalla quale dipendo mi ha rilasciato. Un mio confratello e compaesano, anche lui avendo fatto voto di celebrare oggi la messa qui, verrà più tardi che ancora riposa stanco del viaggio fatto a piedi per raggiungere la capitale del mondo cristiano»

Non parlò cosi piano che il signore in divisa dà maresciallo non lo sentisse; il quale si fa consegnare dal sagrista le carte le esamina con molta attenzione e dice

«Sta bene. Tutto a posto. Cèlebri pure la messa reverendo».

Don Pietro riceve la desiderata autorizzazione e aiutato da un sagrestano indossa i paludamenti di prescrizione; camice, amitto, stola e pianeta. Prende il calice che gli viene presentato e, preceduto dal "sanpietrino" dal gallonato signore, che porta il messale e seguito dal gallonato signore senza che nessuno si renda conto del perchè (e il perchè lo sappiamo ben noi). Si fema al primo altare dove il sagrestano accende due candelette e così si celebra la prima messa della giornata del 29 giugno????, celebrante Don Pietro Santi; unico presente oltre il servente, il Maresciallo sopra descritto. Don Pietro scandisce con chiarezza per quanto abbia la voce velata dalla commozione le preghiere della preparazione. Il suo voto tanto invocato, tanto ritardato si compiva finalmente e nessuna messa, è da credere, sia stata celebrata con maggiore compunzione con l'animo tutto proteso al Dio vivente lì sull'altare e in comunione divina e sentita con Gesù Eucaristico. Celebra Don Pietro a poca distanza dai resti mortali del primo apostolo nella chiesa madre della Cristianità egli, ultimo dei ministri di Dio, come umilmente si appellava e indegno a tanta dignità. Durante la Consacrazione il maresciallo del Conclave nota che gli occhi del celebrante si inumidiscono di lagrime, vede la mani di lui tremare nell'atto di alzare l'Ostia immacolata e nota in tutto l'essere del pio celebrante la commozione profonda che tutto lo invade e dice in cuor suo:

«Questo è veramente l'uomo di Dio, l'uomo degno di rappresentare Cristo in terra, l'uomo vagheggiato dal centenario cardinale e Dio non potrà non assisterlo nell'ardua missione che lo aspetta»

La messa è terminata e Don Pietro con lo stesso incedere modesto ma non cascante, ritorna in sacrestia sempre seguito dal nobile signore che solo aveva assistito alla sua messa. Il tempio comincia a popolarsi e in sagrestia ci sono altri ecclesiastici che si apprestano a celebrare le altre messe che si susseguiranno fino a mezzogiorno di quel giorno così solenne. Però... però ... osserva il buon Don Pietro Don Polifemo non é fra costoro e ne prova una punta di rammarico. E' risvegliato dalla sua meditazione da un "prosit" detto ad alta voce dal Maresciallo, il quale, quando il nostro prete ha deposto i paludamenti e recitate le preghiere di ringraziamento, ossequia i presenti e si accinge ad uscire, lo ferma e gli dice:

«Reverendo. Le dispiace seguirmi nelle stanze vaticane?»

E poiché l'interpellato mostra, com'é facile immaginare, meraviglia l'altro gli spiega:

«Ella sa che il Sacro Collegio Cardinalizio è adunato per la elezione del nuovo Papa e per ragioni che le si diranno in seguito gli eminentissimi conclavisti desiderano conoscere di persona il sacerdote che oggi, festa di S.Pietro, ha celebrato la prima messa presso la tomba dell'Apostolo. E poiché la prima messa l'ha celebrata lei, è lei che si deve presentare al Sacri Collegio congregato nella cappella Sistina. Si degni di seguirmi»

Don Pietro non trovò la forza di pronunciare verbo e d'altra parte bisognava obbedire. Diventò un automa e seguì il suo interlocutore di scalone in scalone, di corridoio in corridoio, di stanza in stanza, vedendo appena tanto era emozionato la magnificenza che lo attorniava.

«Ma, dissi io al mio narratore, il conclave non era sotto chiave?»

«Non c'era la più rigida clausura in oggi in uso?» Mi rispose il narratore: «Si vede che allora non c'era e del resto come poteva esserci se, come le dissi, i conclavi duravano persino degli anni? Si dice fra l'altro che i conclavisti di Viterbo negli intervalli dei loro lavori andassero a passeggio e si prendessero anche qualche divertimento mondano. Tal dei tempi il costume...»

Gli ossequi, gl'inchini dei dignitari che si incontravano e il "presentat arm" degli svizzeri e della guardia nobile, il prete attribuiva, si capisce, al Gran Maresciallo. Questi fa entrare il  povero prete nella sala del Concilio della quale egli aveva la chiave, Don Pietro vede, come in sogno la grandiosa aula del "Giudizio Universale" dipinto nella parete di fronte ed intorno in quelle perimetrale tanti tronetti sotto ciascuno dei quali siede un cardinale che osserva con curiosità e devozione il nuovo venuto. Il quale si fa piccino piccino dinnanzi a tanto lusso di alti prelati . Con alta e chiara voce il Maresciallo annuncia: «Vi presento, o eminentissimi padri, in ossequio al vostro deliberare di ieri sera, il sacerdote Don Pietro Santi che ha celebrato la prima messa della odierna solenne ricorrenza, in S. Pietro. Egli proviene dalla diocesi di…»

«Non ci occorre saper altro» tronca il cardinale camerlengo, e invita i confratelli a procedere alla votazione la quale segue nel massimo silenzio e ciascun cardinale si prende dal suo tronetto e si avvicina all'altare allogato alla base del Giudizio di Michelangel e depone nel calice il sua scheda pronunciando le prescritte parole.

Segue lo spoglio e ciascun scrutatore annuncia a voce alta il nome contenuto nelle schede estratte che è uno solo in tutte le trenta schede revisionate: PIETRO SANTI. Il Camerlengo si avvicina al nostro pretino che era rimasto in piedi in mezzo la sala muto, intimamente sconvolto e stravolto e gli dice:

«Il Sacro Collegio ispirato dallo Spirito Santo Vi elegge Papa. Accettate?»

Se le forti emozioni dovessero far morire, come sostiene qualcuno, Pietro doveva restar pietrificato lì in mezzo alla cappella. Ma non si muore, no, nè di emozioni nè di dolore, ragion per cui il nostro pretino perse quasi completamente la favella ma per sua fortuna non perse "lo ben dell'intelletto" onde senza rispondere guardò attonito il prelato che gli aveva dato il grande annunciò il quale prelato accortosi della confusione dell'eletto, e non ci voleva gran che ad accorgersi, venne in suo aiuto col metterlo al corrente del come si addivenne alla sua nomina a Sommo Pontefice di Santa Madre Chiesa Cattolica Apostollica Ramana. Da un trono lontano un vecchio cardinale centenario lo guardava con commiserazione come per chiedergli perdono di essere stato lui la causa, ben involontaria, della… tegola che gli era arrivata sul capo. Un triregno! Altro che tegola! E poiché l'eletto non dava segno di aver nulla da dire il cardinale ripetè la domanda in latino:

«Acceptas electionem de te canonice factam in summum pontificem?»

A questa nuova domanda cui dava maggior solennità la lingua della chiesa il poveretto balbettò:

«Non sarebbe certamente questa la mia volontà perchè vedo e misuro la povertà del mio essere, e le mie debolezze e le mediocri capacità del mio intelletto a coprire un così alto posto ma poiché voi mi assicurate essere questa la volontà di Dio, io, verme della terra non posso certo non far mio il Suo volere onde "in nomine Domini accepto". E poiché il Camerlengo gli chiese ancora:

«Quomodo vis vocari?» Il nuovo papa, che avrebbe voluto conservare quello di battesimo se non avesse sentito di accusarsi di presunzione prendendo il nome del Principe degli apostoli, disse il nome del santo protettore del suo paese del quale era devotissimo, nome che il mio narratore non seppe darmi perchè non lo aveva mai saputo.

 

HABEMUS PAPAM

Come allegri e rapidi si sparsero gli squilli della campane romane, da quelle severe di S.Pietro alle sorelle minori annidate sul l'alto dei campanili dei templi maggiori dell'urbe, alle campanette nascoste fra i tetti delle chiese minori; e continui furono i colpi di cannone di Castel S. Angelo, mentre la fumata bianca e candida saliva in cielo in ispire movimentate dalla brezza mattinale ammirata e salutata con gioia, dai pochi mattinieri che si aggirarono in quell'ora nella piazza del Bernini. Nessuno poteva pensare, per ovvie ragioni che il nuovo pontefice sarebbe giunto con l'aurora a illuminare cuori e speranze.

"Viva il papa!" e il grido che sale nei cieli e scende nei cuori."La folla romana esce da tutte le porte, sbuca da tutte le strade e a fiumane si riversa a Piazza S. Pietro per vedere le sembianze del nuovo eletto e ricevere da lui l'apostolica prima benedizione.

Ora, quando io e il mio narratore vi avessimo descritto lo spettacolo suggestivo sempre della comparsa del nuovo Papa dall'alto della loggia della basilica Vaticana e l'altra della solenne incoronazione potremmo far punto alla narrazione e lasciare alla storia la... storia di questo pontificato iniziatosi in un modo così fuori del comune, così, starei per dire, singolare perchè da nessuno preveduto, sia nelle modalità della elezione sia nell'umile persona che ne è stata investita. Una elezione, si dirà da tutti che ha del "miracolo"

Non possiamo chiudere quando vorremo perchè noi sappiamo che il nuovo papa non era venuto a Roma solo e sappiamo anche che il suo compagno era rimasto all'albergo a dormire saporitamente invece di accompagnarsi con lui nella chiesa di S. Pietro a celebrare la messa del "voto". Andiamo a fargli noi uno svegliarino. Arriviamo tardi perchè Don Polifemo è già sveglio anzi vestito senz'altro. L'hanno svegliato i colpi di cannone, il rombar delle campane e gli urli della folla che nella strada sottostante che sboccava nella grande piazza gridava a voce alta:

«Hanno fatto er papa!»

«Finalmente !... E chi è?»

«E che ne so io?»

«Dev'essere un papa coi fiocchi se ci hanno pensato tanto!»

«Sia chi vuol essere!»

«Per me o l'uno o l'altro fa lo stesso; quel che preme si è che er papa ora ce l'avemo!...»

Don Polifemo sente tutto quel chiasso e, avendo capito di che si tratta «Oh! che fortuna, dice fra se, così io e Don Pietro potremo anche vedere il nuovo papa e assistere alle feste che si faranno e che dicono veramente meravigliose. Come si vede che a me e a Don Pietro il Signore ci vuol bene se ci ha ispirato di venir qui a Roma proprio in questi giorni di giubilo universale. Immagino che Don Pietro a quest'ora la messa l'avrà già detta e si sarà fermato nella piazza ed avrà anche trovato un buon posto per godersi lo spettacolo (altro che un buon posto!) Via via corriamo in piazza e cercherò anche il mio collega...»

 In piazza è già radunata molta gente ed altra ne viene da tutte le parti. Don Polifemo con spinte e gomitate da alpigiano riesce a guadagnarsi un buon posto d'osservazione proprio sotto il balcone dove fra non molto dovrà comparire il nuovo pontefice. Intanto intorno a lui si discute animatamente, si fanno prognostici sull'eletto e sul nome che si sarà imposto. Quell'uomo che sembra un oratore da baracconi, grosso e baffuto con una voce da orco raffreddato sostiene, con argomenti secondo lui inconfutabili che l'eletto non può essere che il cardinale TIZIO perchè... e giù a snoccialare i numerosi "perchè" per i quali Tizio deve essere il papa.

«E mi saprete dire fra poco se ho preso nel segno».

Di questa opinione non è quell'altro oratore mingherlino con una vocina fessa ma rabbiosa che grida "corum popoli" le ragioni per le quali invece il papa sarà il cardinale CAIO, ragioni che secondo lui filano come l'olio concludendo: «E datemi dell'impostore se avrò sbagliato».

Uno spirlungone chiacchierone agitando le braccia lunghe come le eliche di un molino a vento, informa come qualmente egli se ne intende di queste cose perchè è stato lo stalliere di un canonico di S. Giovanni in Laterano ragion per cui dà la sua "parola d'onore" che il nuovo papa sarà il cardinale SEMPRONIO il quale... e giù anche lui a parlare delle virtù e bravure dell'eminentissimo Sempronio concludendo:

«Dopo di che, chi sostiene che non sarà Sempronio l'eletto, è un cretino, nato posato e vestito. Ma un cretino presente che non parteggiava certo per Sempronio, confuta gli argomenti dello "spirlungone" con un pugno nella faccia dell'ex stalliere del canonico di S. Giovanni in Laterano. Ne nasce una parapiglia perchè l'altro reagisce con pugni e urli mentre tutt'intorno chi grida che il papa sarà Taddeo o sarà Bartolomeo, o Clodoveo; ma: "Silenzio! Silenzio" si grida da ogni parte perchè in quel momento la vetrata del balcone centrale si apre e, preceduto da una Croce assile e da alcuni prelati e cerimonieri, compare il cardinale arcidiacono che ha il compito di annunciare al popolo romano (oggi si può dire a tutto il mondo mediante la radio e la televisione) il grande evento. Nella piazza si fa un gran silenzio e tutti pendono dalle labbra, come si usa dire di notizia importante e attesa, dell'annunciatore il quale scandendo bene le parole latine dice:

«Annuntio vobis gaudium magnum: abemus Papam»

Si applaude freneticamente: ancora non si sa chi sia ma non monta; abemus papam e questo è l'essenziale. Continua il cardinale:

«Habemus papam ac reverendissimum sacerdotem Santa Romanae Ecclesiae PETRUS SANTI»

Momento di esitazione, di meraviglia, di interrarogazione: Pietro Santi? ma chi è costui? e dove l'hanno pescato perchè i nomi dei cardinali in genere e dei papabili in ispecie, erano da quando cominciò il conclave, sulle bocche di tutti ma di un Pietro Santi nessuno aveva sentito parlare e, a quel che sembrava avere inteso, non si trattava nemmeno di un cardinale. Proprio nessuno ne aveva sentito parlare? Ah no ! C'era, pur confuso fra la folla, un bel pretone forestiero che di Don Pietro ne aveva ben sentito parlare. Polifemo sentendo quel nome risuonare nell l'ampia piazza si limitò a pronunciare un "eh?" ma tosto si ricompose pensando, come avrebbe pensato chiunque nei suoi piedi, ad un caso di omonimia dato anche che il cognome Santi è assai diffuso e più diffuso il nome Pietro.

«Ecco un papa, diceva fra se Don Polifemo, che porta il nome e cognome del mio amico. Ah! quanto voglio portarlo in giro chiamandolo "Santità". Ma... ma dove si sarà cacciato questo benedetto uomo?»

La folla intanto, superato il primo istante di sbalordimento, aveva ripreso ad applaudire fragorosamente mentre in qualche momento di relativa calma il cardinale annunciatore aggiunge:

«Qui sibi imposit nomen e annunciò il nome che il novello pontefice si era imposto, che era, come abbiamo detto, quello del santo protettore del paese dei due preti pellegrini, il qual nome fa esclamare a Polifemo:

«Anche il nome del nostro santo protettore; dì bene in meglio (il meglio lo vedrai poi o pezzo d'ùn dormiglione e ti accorgerai che "chi dorme non piglia... tiare papali)»

Intanto il nostro prete seguita a spingere lo sguardo più lontano che è possibile per cercare Don Pietro. Sì! pescalo se ti è possibile in mezzo a tanta gente in mezzo a tanti tanti preti mescolati fra la folla! Ma non guardare in basso caro il nostro pretino, guarda in alto e lo vedrai il tuo confratello e amico, vestito dell'abito talare del colore contrario del tuo... Infatti in mezzo ad un diluvio di applausi, di evviva, di invocazioni compare proprio in quel momento il nuovo pontefice nella loggia papale contornato da prelati, da alti ufficiali pontifici, di guardie nobili. Bianco vestito, bianchi i capelli Don Pietro papa si presenta come una apparizione angelica e nella sua ieratica figura annuncia una superiorità spirituale che manda la folla in visibilio. Don Polifemo guarda anche lui! è estatico dinnazi a quella visione; si stropiccia ben bene gli occhi quasi non credesse ai medesimi e:

«Don Pietro! Don Pietro! Don Pietro!»

Ma le sue invocazioni si perdeno nel fragore della piazza

«Ma Don Pietro sei proprio tu? No, non puoi essere tu! Ma sì che sei tu; il balcone è ben alto ma i miei occhi mi servono abbastanza bene; ma come va questa faccenda?»

Intanto il papa.ha allargato le braccia da scolpire una Croce bianca e tracciando grandi Croci colla destra pronuncia le sacramentali parole della benedizione apostolica.

«Ma non v'ha dubbio; anche la voce è la sua! Io non capisco nulla; mi perdo in un dedalo di pensieri! Ma come ha fatto a diventar papa?»

Come ha fatto a diventar papa lo portano in piazza i primi gazzettieri quando il papa è scomparso dal balcone. La gente sfollando dalla piazza commenta benevolmente il singolare avvenimento:

«Quello è papa perchè è stato il primo a dir messa stamane a S. Pietro Tutto qui».

Il primo a meravigliarsi (ma in quanto a gioire... lasciamo perdere) è Don Polifemo che dice o brontola fra se:

«Eppure mi aveva dato un buon consiglio, Don Pietro, ossia Sua Santità, di alzarmi presto che se così avessi fatto la prima messa l’avrei detta io e…»

Caro Dòn Polj tu dei saper che "del senno del poi ne son piene le fosse" ragion per cui comincia fin d’ora a metterti l'anima in pace e gioisci anche tu come gioisce il mondo cattolico, come gioiranno i tuoi compaesani, come esulta la chiesa che ha dimesso le gramaglie della sua vedovanza... Habemus Papam; il papa e il tuo amico Pietro; gloria a Dio!

 

Prima di continuare in questa narrazione debbo dire che il mio narratore a mia espressa domanda con la quale chiedevo se "poteva essere eletto un Papa non cardinale" mi rispose (ripeto testualmente le sue parole).

"Vi sono stati nella storia parecchi casi di Papi che non sono passati per la trafila cardinalizia ma è una storia lontana, molto lontana nel tempo e nel costume. Si legge nella "storia dei papi" che qualche volta furono esaltati al Pontificato uomini non appartenenti al collegio cardinalizio e per opera dei cardinali stessi; talvolta furono "oscuri cenobiti che vivevano in preghiere e penitenze appartati dal mondo. Valga, per esempio, la elezione di Celestino V quello che secondo Dante "fece per viltade il gran rifiuto" e malgrado il poeta lo "abbia relegato negli inferi, la chiesa lo ha innalzato agli onori degli altari. Viveva eremita nella Maiella quando fu ivi raggiunto dai prelati del conclave che gli portarono la notizia della sua elezione alla cattedra di Pietro facendolo trasecolare di... timore. Comunque, sarebbe possibile, ma in linea del tutto teorica anche oggi, l’elezione di un non cardinale o addirittura di un laico al soglio pontificio perchè il "diritto canonico" prevede il caso che un uomo "giusto e battezzato" e pertanto rivestito della "grazia divina", possa ... essere vescovo di Roma e governare come sommo pontefice la Chiesa Cattolica. E tuttavia,aggiunse subito il mio narratore che queste cose le aveva ben studiate nella solitudine e negli ozi di una piccola povera parrocchia alpestre, oggi questo praticamente non sarebbe possibile»

Chiesi anche al mio narratore, a titolo di curiosità, se rispondevano al vero la diceria che fosse stata un tempo eletta al pontificato una donna, la Papessa Giovanna, e fosse stato anche eletto un papa di 12 anni.

«Una stupida invenzione la prima e storia vera la seconda, che Benedetto IX aveva da poco compiuto i dodici anni.

E dopo queste chiarificaeioni riprendo il corso della narrazione.

  

LA PRIMA UDIENZA PONTIFICIA DEL NUOVO PAPA.

Mesto, pensieroso, rintontito da tale avvenimento, l'amico del Papa trascinato dalla fiumana, di gente che lascia la piazza, ritorna solo e soletto al suo alberguccio dando un rabbioso sguardo al palazzone dove il suo amico aveva preso stanza e per sempre. Pensa fra il guazzabuglio delle sue idee:

«Sta a vedere che toccherà a me a pagare l'albergo che l'albergatore quando saprà che uno dei suoi clienti è il padrone di tutte le chiese de] mondo non si attenterà certo di andargli a domandare la sua quota d'alloggio. Pagherò io ma parola d'onore mando la nota al segretario di stato».

Le campane intanto riprendono a suonare, tuonano ancora le ferree canne e il popolo esulta come non mai non solo perchè sollevato dalla lunga spasmodica attesa ma e soprattutto, perchè un autentico suo figlio, un popolano, come si venne subito a sapere, un prete povero al cento per cento è stato chiamato miracolosamente a sì altissimo posto. E con tutto questo anzi a cagione di questo avvenimento in quel gioioso giorno della commemorazione dei santi Pietro e Paolo le 6666 osterie romane si popolarono oltre il consueto e le sbornie continuarono a farsi per tutta la durata dei festeggiamenti che si protrassero chi dice tre settimane, chi tre mesi e perfino, si diceva, tre anni, alla salute del "benvenuto Papa".

Don Polifemo intanto è rientrato con l'umore di un commerciante in bancarotta all'albergo dove con la santità del collega aveva passato la notte e trova la cameretta letteralmente invasa da una folla esaltata che aveva saputo non si sa come, che il nuovo papa, il papa del miracolo, ivi aveva passato la notte. Nella cameretta ci sono due lettini ancora disfatti ma l'albergatore non sa precisare in quali dei due abbia dormito l'eletto.

«Lo saprà, dice, il prete che era con lui che per l'appunto eccolo qui»

Don Polifemo è accolto con una vera ovazione come se fosse entrato il papa in persona. Tutti gli baciano la mano e quando ad unanime richiesta egli indica il lettino dove il suo Don Pietro, pardon Sua Santità aveva dormito la notte, apriti cielo! l'entusiasmo dei presenti non ha più freno coperte, lenzuoli, cuscini, tutto è preso d'assalto e i più scalmanati si contendono la preda a pugni e graffi per conservarla come sacra reliquia.

«Povero albergatore» Dissi io.

«Povero un corno, aggiunse il narratore, perchè le dirò che quell'alberguccio diventò in breve volger di tempo un albergone da mettere a terra quelli delle vicinanze. Diamine! Aveva ospitato un papa la notte prima della sua miracolosa elezione! Oggi l'avrebbero fatto monumento

nazionale».

Le dimostrazioni al nostro prete sarebbero durate chissà quanto tempo se non fosse giunto a cercarlo un messo del vaticano per chiamarlo subito subito in udienza dal papa. A questo punto la dimostrazione si fece ancor più viva e il prete dovette combattere per isbrigarsi dei suoi ammiratori (ammiratori di che? O non era una portata in giro?) e, uscito. messosi la strada fra le gambe via a passo di corsa verso il palazzo apostolico, passa il portone di bronzo e riceve il presentat arm della guardia svizzera (altra portata in giro, pensa il prete), sale la scala regia facendp tre scalini alla volta (richiamato a maggior contegno da uno svizzero), passa per le splendide sale popolate di prelati, personaggi in ghingheri dove un cerimoniere gli dà in fretta in fretta alcune istruzioni sul modo di comportarsi in presenza del pontefice e aggiunge: «Badi reverendo, che d'ora in poi non deve trattare con Don Pietro Santi che fu suo degnissimo amico ma col discendente del principe degli apostoli col quale si deve seguire un cerimoniale di devozione e deferenza…

«Debbo far finta di non conoscerlo?1»

«Non dico questo; deve comportarsi come si comportano tutti cominciando dalle più alte carche ecclesiastiche e come si comportano i capi di Stato. E allora farò conto di essere un capo di stato anch'io, pensa Don Polifemo.

Introdotto nella sala del trono al cospetto di colui che due ore prima era suo compagno ed amico seduto sotto un trono tutto oro e colori, contornato da una sfarzosa corte di alti prelati, di ufficiali della Guardia Nobile lucenti nelle loro sfarzose divise. A quella vista la baldanza che pur avrebbe voluto usare,cadde a don Polifemo, le ginocchia si piegarono di fronte alla persona del Papa e, confuso stravolto, baciò dapprima la pantofola destra che il pontefice si portava, poi l’anello del pescatore e il dialogo tra la Santità del Nostro Signore e l'umile sacerdote cominciò:Ecco il dialogo:

Il Papa: «Come vedete, figlio carissimo, Dio, contro ogni nostro merito, ci ha chiamato a questo posto... (fra parentisi: Riferisco il dialogo come la fantasia del mio storico me lo riferì; dico fantasia perche lui non era presente, si capisce, e perciò non poteva sentire le parole del Papa ne leggere i pensieri che attraversavano la mente di Don Polifemo; e del resto è da pensare che tutta la storia dev'essere una invenzione, quindi tiriamo avanti)

Don Polifemo tra se: «Addio amicizia e colleganza, sono passato da confratello suo figlio. Figlio di un papa! Un ‘bell'onore non c'é che dire! (si pentì il prete di questa espressione poco riverente ragion per cui si affrettò a soggiungere, sempre tra sé, ma noi cristiani siamo tutti figli del papa, ma per me tu sei padre solo perchè tu ti sei alzato prima di me questa mattina che se mi fossi alzato prima io, tu ora saresti in ginocchio avanti a me e io... io a sedere comodamente in quella poltrona. Malannaggia la mia.... poltroneria!»

Il Papa: «Temiamo di non essere all'altezza di sì alto ufficio pure osiamo sperare di ben rispondere alla Divina fiducia sorretto dalla nostra fede che mai ha tralignato e dalle preghiere di tutti i buoni cristiani ed in modo particolare delle vostre che ci foste un tempo confrattello ed amico».

Il prete: «Toh! usa il passato remoto ed invece si tratta di un passato molto prossimo... E poi,proprio io debbo cantare il Te Deum per la fortuna toccata a te e la scalogna arrivata a me?»

Il papa: «Vero è che questo posto poteva essere occupato da altri ..., ma non vi serbiamo rancore e vi perdoniamo di cuore».

Il prete: «Questa sì che è carità evangelica... ma ho il dubbio che tu mi porti bellamente in giro».

Il papa: «In avvenire cercate di essere meno dormiglione perchè non abbiate da mettervi nelle condizioni di caricare i vostri amici di pesi che non so se riusciranno poi a portare... Vi benediciamo di cuore e portate voi la mia benedizione ai nostri cari compaesani»

Il prete: «Proprio io? Io che manderei te a farti benedire…»

Il Papa benedice l'amico e dice: «Aggiungo che Voi, già che siete qui a Roma, rappresenterete tutto il nostro paese alla nostra incoronazione da un posto distinto che vi saremo riservare... Siete contento?»

Il prete: «(C'é da domandarlo? Purchè il "posto distinto" non costi tantO .....»

Il papa: «E poi voi tornerete al nostro paesello»

Il prete: «.... che è tanto bello; ma tu starai meglio qui»

Il papa «E raccontate in tutti i particolari l'avvenimento di oggi. Nessuno infatti meglio di voi può essere la "bocca della verità". Dite che il nostro maggior piacere sarà quello di rivederli tutti, corpreso quell'eretico del maniscalco, e voi, Don Polifemo, state ben certo che mai vi dimenticheremo anzi vi promettiamo… beh! vedrete!...»

Il prete: «Obbligatissimo alle vostre grazie...»

 

IN PECTORE

Ed ecco Don Polifemo, dopo aver assistito alla solenne funzione della incoronazione (cose d’incanto) con quale sentimento lo lascio indovinare al lettore, ritornato al suo paese dopo un altro viaggio a piedi lungo e sfibrante e, quel che è peggio, compiuto da solo.

Com'é facile immaginare, è accolto a braccia aperte e subissato di richieste di notizie… Però le sue notizie giungono come i famosi vasi a Samo e le nottole ad Atene, perchè la nuova del grande avvenimento che toccò in modo straordinario la sensibilità di quei semplici rurali lo avevano già preceduto. Naturalmente, si dirà!, non tanto naturalmente perchè allora le notizie non correvano così rapidamente come al giorno d'oggi corrono,grazie alla radio ed alla televisione, più veloci, si direbbe del pensiero. E poiché i giornali a quei tempi non arrivavano al paesello del papa, così le notizie di grandiosi avvenimenti arrivavano dopo dei mesi e qualche volta anni. Ecco un esempio che mi ha offerto proprio il mio storiografo. Nella vecchia torre della chiesa\c'é una vecchia eampan? dal suono solenne ed armonioso. Salito col prete nella cella campanaria dalla quale si ammira un magnifico panorama, il prete mi presentò questa "voce della preghiera" e mi disse:

«Questa è la "brombolona" così chiamata perchè d'inverno si adorna di lunghi ghiaccioli che qui vengono chiamati "bromboli". E' una campana che ha suonato a festà, pensi, quando giunse la notizia della scoperta dell'America.

«Caspita, dico io, che vetusto bronzo!»

Ma osservando la campana,vedo nella corona superiore alcune parole in carattere gotico poi " ANNO DOMINI M DXX IST II " Scusi reverendo, dico io, ma qui c'é segnato il millesimo della fondazione di questo bronzo che è il 1792, trecento anni dopo in cui Colombo sbarcò a S. Salvatore.... Avrà suonato per la "Rivoluzione Francese"......

«O le pare che un sacro bronzo potesse suonare per il trionfo di una rivoluzione di miscredenti? Proprio per la scoperta del nuovo mondo la cui notizia giunse qui trecento anni dopo e c'é ancora della gente di questi posti che ancora non lo sa»

Un po' esagerata ma potrebbe anche essere vera!

Adunque Polifemo era tornato in paese, Don Pietro no. Oh lui aveva trovato una località più grande, meno rustica ed una dignità sacerdotale un più elevata di quella di cappellano di una rustica parrocchia.

Del papa paesano da parecchio tempo se ne parlava in tutte le case, nelle botteghe, nei campi; ovunque si portavano alle stelle le virtù del loro Don Pietro. Se, come era stato raccontato, la scelta fu fatta dal buon Dio era chiaro, ovvio, che il buon Dio, avendo gli occhi più lunghi del loro vescovo che lasciò sempre Don Pietro nell'umile ufficio di sotto parroco, avesse scelto questo buon cappellano. La notizia l'aveva portata in paese un pellegrino di passaggio e dapprima fu presa per una grandiosa balla allo scopo di spillar quattrini dai quei poveri paesani, ma quando la notizia ebbe conferma e scevra da ogni dubbio, allora nessuno si tenne più sulla pelle; tutti si proclamarono amici intimi del nuovo papa, molti dimostrarono di essere a lui uniti da vincoli di sangue,di aver giocato con lui qualche briscoletta chiacchierina, qualche partita a bocce, di essere stato suo penitente, che confessava a maniche larghe comprensivo delle debolezze umane e... chi più ne aveva, o per essere più nel vero, che più ne inventava più ne metteva. Di Polifemo si parla va anche ma così per inciso, ma si era convinti che non sarebbe ritornato nemmeno lui che il Pontefice l'avrebbe nominato suo segretario privato e invece, ripeto, Don Polifemo ritornò. Semplice prete era partito, semplicissimo prete era ritornato. Quando si sparse per le case la nuova che il compagno del Papa era ritornato la sua casa fu presa d'assalto dai paesani e tutti volevano sapere dalla sua viva voce di testimonio oculare come le cose erano andate. E il pretino uggioso in mezzo a tanta festa e pressato da tante domande si schermiva dicendo che nell'esaltazione dei suoi pensieri quegli avvenimenti gli erano passati avanti come un "sogno di una notte d'estate" ma alla fine, pressato dal parroco, dal medico, dal castellano del castello vicino, dai confratelli delle chiese vicine si fece forza o, per dir meglio, fece di necessità virtù e in una solenne riunione all'uso delle odierne "conferenze stampa"rac- contò come, secondo lui, erano andati i fatti facendo lavorar molto la fantasia e con molti ricami. Quando arrivò al punto per lui un po' critico e che lo aveva nella gola e non riusciva mandarlo giù, trovò il verso di accomodare la cosa a suo favore. Sorvolò, facendo un piccolo stralciò, sulla passeggiata notturna per le vie di Roma la sera che precedente il grande avvenimento; tacendo, beninteso,i rimbrotti di Don Pietro, ragguagliando i suoi compaesani ascoltatori che la notte non aveva chiuso occhio tutto raccolto a pregare per l'anima e il corpo dei suoi parenti e amici e conoscenti di qui ragion per cui si addormentò all'alba proprio all'ora fissata di andar a dir messa a S. Pietro e ci andò solo Don Pietro che la notte aveva sempre dormito come un... ghiro (similitudine poco bella per il sonno di un Papa) e si era venuto a trovare nelle condizioni migliori per celebrare quell'ufficio Divino che lo sbalzò di botto nel soglio del Santo di cui portava il nome. Che se io mi fossi trovato quella mattina più riposato, in condizioni di spirito più sollevato chissà… Ma la messa della... fortuna la disse lui e lui è Papa "…per volere di Dio", aggiunse Don Gioacchino, che quel modo di raccontare di Don Polifemo non gli andò giù gran che. È per la verità non fu creduto nemmeno dai poveri popolani ma fu applaudito lo stesso.

«Certo certo si affrettò ad aggiungere il prete. E’ stato scelto da Dio Don Pietro e ben lo sia e ad "multos annos" (lo disse ma non lo pensava e poi in seguito modificò un po' il suo fanatismo per il papa. Dio lo perdoni!   )

Ho detto che nessuno credette alla causa che lo trattenne a letto quando, invece, avrebbe dovuto salire l'altare per celebrare la messa del "voto” ma tutti gli fecero grazia per la bugiola detta alfine di paracadutarsi dalle canzonature dei suoi conoscenti e non buttare la cosa in  cagnara che, pensava lui, questa volta ci sarebbe"scappato il morto. Il furbo però non fece allusione alcuna all'accenno di "promessa" che il papa gli aveva mormorato nel congedarlo. Ma in fondo che cosa gli aveva promesso il papa? Un bel niente; solo gli disse che non lo avrebbe di- menticato e... niente di più. Poteva essere un complimento qualunque ma che Don Polifemo prese per parola del papa che non fallisce.

Passano mesi e anni e del papa si sa soltanto che lui fa il papa e,a giudizio di tutta l'orbe cattolica lo fa assai bene. Don Polifemo,invece, seguita a fare il cappellano con l'uggia di chi di un lavoro ne ha piene le scatole. Ma attende, attende che cosa? Una dignità ecclesiastica? Una ricca abbazia? un canonicato in una basilica romana? Niente arriva.

Un giorno a Polifemo viene una idea luminosissima. Organizzare un pellegrinaggio di paesani per rendere il dovuto omaggio al grande, all'eccelso concittadino. Ci avrebbe dovuto pensar prima! Ma un pellegrinaggio a quei tempi non era cosa da prendere alla leggera tanto più che si doveva viaggiare a piedi e ci volevano lunghe giornate di marcia. La proposta é accolta a festa. Il paese si spopola e restano a casa solamente i vecchi, i bambini, i malati e il maniscalco Quest'ultimo un anticlericale di di sette cotte ce l'ha sempre avuta col buon Don Pietro per via del suo esagerato bigottismo e dacché il somarello del prete, mentre lo ferrava gli regalò, istigato dal padrone, sosteneva il maniscalco, un poderoso calcio sulla bocca che per tutta la durata del lavoro non aveva fatto altro che tirar giù moccoli sotto forma di bestemmie.

I pellegrini furono accolti a braccia aperte dall'illustre compaesano. Ad un certo punto della udienza il papa scese dal trono e cacciatosi nel gruppo dei cari pellegrini ridiventò Don Pietro nè da più nè da meno di quanto viveva in paese. Solo la veste talare da nera e talvolta sgualcita era diventata bianca candida, stirata e perfetta. Con tutti parla a tutti dà a baciare la mano e alcuni accarezza in viso. A quello chiede come va lo smercio delle pignatte a quell'altro che è uno straccivendolo, domanda se trova molti stracci da mandare al macero.

«Santità, non ho molto traffico perchè gli stracci la gente se li tiene addosso»

«Purtroppo, dice pensieroso, il buon papa. Ma ricordatevi che la disgrazia non è la miseria, la disgrazia è il far del male e voi, io vi conosco bene il male non le fate e perciò avete ragioni di sperare nella provvidenza di DI0. Poi domanda a uno se è ancora fortunato nel gioco delle bocce:

«Io dice, ridendo il papa, ero un povero giocatore e tu mi vincevi sempre e malgrado questo mi piaceva tanto quel gioco»

«E tu, chiede ad un altro, giochi ancora alla morra? Bada: non è un gioco che fa bene all'anima; ci si arrabbia troppo».

«Smetterò padre santo, tanto più che ho buscato parecchie contravvenzioni, perchè il gioco della morra è proibito e poi disturba la quiete pubblica»

A un operaio il Papa gli prende la mano ruvida e callosa»

L'operaio dice poi ad un amico:

«Questa mano l'ha toccata il Papa; non la lavo più perchè non perda l'odore di santità che vi ha cosparso Lui».

Alla fine la movimentata udienza ha termine e il Pontefice si rivolge all'organizzatore del pellegrinaggio, a Don Polifemo in persona che stava appartato in attesa di potersi presentare di persona:

«Di voi o figlio carissimo non ci siamo dimenticati. Sappiate che vi abbiamo "in pectore"  e lo abbraccia teneramente».

Il nostro prete che si vede non aveva dimestichezza col frasario di curia chiese ad un prelato presente:

«Ha detto che mi ha "in pectore". E cosa vuol dire?»

«Ma fortunato voi ad essere in "pectore" di un papa; questo vuol dire che sarete presto eletto cardinale»

«Nientemeno! E va bene: sono stato lì lì per diventar papa; diventerò cardinale. Meglio; meno noie e più libertà»

Il mio storiografo non mi ha specificato se il papa in un passaggio di buon umore, abbia voluto scherzare alle spalle di Don Polifemo con quel "vi abbiamo in pectore" o ci abbia poi ripensata che non era il caso di andar tanto avanti, fatto sta che la porpora per Don Polifemo si fa desiderare e come! tanto è vero che aspetta aspetta questa benedetta porpora non arriva, malgrado l'attendessero anche i suoi compaesani che avevano sentito la promessa papale e trattassero Don Polifemo come fosse davvero una eminenza; riceve complimenti, rallegramenti scappellate. Richieste di favori, beninteso quando sarà cardinale, che intanto ha ricevuto la nomina di cappellano di prima classe (un po' pochino! a confronto di quel che l'attende!). Dato il notevole ritardo dell'arrivo della onorificenza Don Polifemo organizza un nuovo pellegrinaggio con l'intendimento di ricordare al papa la promessa già fatta nel primo. Il concorso minore del primo e sorte lo stesso effetto. Le stesse scene di giubilo, di devozione, di fede, durante le quali Don Polifemo osa ricordare al suo ex amico la promessa anzi le precedenti promesse.

«Vi abbiamo in pectore e presto uscirete cardinale» fu la risposta del pontefice.

Si ritorna ai patrii lari, di dove il cardinale in pectore attende il "galeno" cardinalizio (si dice così?) che resta indisturbato nei guardaroba del Vaticano.

«Ma allora, chiesi io al mio narratore perchè il papa faceva al suo ex amico promesse che poi non manteneva?»

 Il narrator mi rispose:

«Glie l'ho detto si tratta di una storia di dubbia verità; anzi non improbabile che sia un'allegra invenzione di qualche capo scarico».

Ma sarà ora di arrivare alla fine. Si fa un terzo pellegrinaggio a Roma. I partecipanti si riducono notevolmente di numero. Questa volta vi partecipò anche il maniscalco eretico e come "figliol prodigo" fu dal papa addirittura abbracciato e baciato. Il "cardinale in pectore" sta appartato carico di speranze deluse e di capelli bianchi. Prima che la riunione si sciolga egli si fa forza si prostra davanti il pontefice e nel baciar gli la mano gli dice:

«Beatissimo padre mi permetto ricordarle»

«Ah! già! Vi assicuro o figliolo che vi ho sempre in pectore ma state certo che alla prima infornata uscirete senz'altro»

«Però, dice con un suo collega ed amico, un sant'uomo come lui e dal suo stellato soglio "non dovrebbe burlarsi di un pover uomo come me; sta bene che una volta eravamo amici e in gran confidenza, anzi fra noi si scherzava anche con innocenti burlette; ma questa dura un po' troppo...»

«Ma non hai sentito che ti ha in pectore e presto uscirai?»

«Mi ha in pectore! mi ha in pectore eh! è dice Don Polifemo digrignando i denti e stralunando gli occhi in segno di rabbia grande. Meglio sarebbe stato mi avesse avuto in qualche altra parte del corpo che a quest'ora sarei uscito da un pezzo!!!»

Povero me! che cosa ho fatto io a riferire queste parole che se le disse Polifemo e me le ripetè il mio narratore,io dovevo proprio lasciarle nei tasti della macchina. Chiedo perdono a Dio e venia a chi legge.

 

CONCLUSIONE

Il mio narratore concluse col dirmi che la barca del pescatore con Don Pietro al timone navigò in modo eccellente e, superando procelle serie e tempeste furiose che tutti i papati in un modo o in un alto hanno avuto, ebbe giornate d'oro e di gloria; mi disse pure che il paese natale del papa prosperò in modo mirabile; la chiesa parrocchiale divenne una abbazia; il campanile si alzò quasi a toccare le nuvole; le campane aumentarono di numero e di armonia; la piazza, si allargò per dare maggior respiro al monumento innalzato al papa del miracolo; la popolazione aumentò; le industrie pure. I pochi bollenti liberi pensatori atei e mangiapreti, si fecero missionari e impiantarono una missione cattolica nella "Terra di Baffin" dove allora vigeva il paganesimo, che fece miracoli di conversioni; l'ateo maniscalco si ritirò in una spelonca del Picci dei Tre Signori e Don Polifemo  Oh! lui rimase cardinale in pectore vita natural durante. E proprio ce ne dispiace perchè costui in fondo c'era molto simpatico.

vitto

 

 

 

Dalla loggia dì S. Pietro: “Habemus Pontificem!’

DON PIETRO SANTI: il povero cappellano di una chiesetta rurale eletto PAPA

passa benedicente in mezzo a prelati maggiordomi popolo (Da una incisione del tempo)