VITTORIO SANTINI: Maestro - Direttore / Ispettore Didattico BIBLIOGRAFIA |
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ELENCO E BREVE DESCRIZIONE DEI SINGOLI SCRITTI
Da
tutti i suoi scritti trapela uno spirito burlone e scanzonato,
tipicamente goliardico, sorprendente se si pensa al
ruolo
professionale che
il Santini esercitava con la massima serietà come fosse una
missione. Inoltre tutte le opere sono da ritenere ancora allo stato
di bozza, come dimostra il fatto che alcuni sono manoscritti e,
anche quando dattiloscritti, contengono numerose correzioni e
talvolta due o tre rifacimenti.
I seguenti scritti sono inclusi nel XVIII Volume 2019 de V'l'arcont in diatlett
Chi scrive, racconto autobiografico che descrive il periodo dalla nascita ai 17 anni, quando consegue il diploma Magistrale. Vengono descritti costumi e persone tipici del ventennio 1890 - 1910. Preti, ricordo di sacerdoti caratteristici esercitanti nell'urbinate nel periodo 1890 - 1910. I pesci e la mosca di Raffaello. Due aneddoti sull'innato genio pittorico del Divino. Borgo, il più bel paese del mondo. Terzo racconto di "Il minestrone" dove vengono elencati pregi e difetti di Borgo ovvero di Urbino e dei suoi abitanti. Leggenda della Madonna dell'Homo, estratto dal racconto Frutti acerbi e fiori olezzanti. Si tratta della leggenda attribuita alla chiesetta omonima in Urbino, mentre il Santini l'attribuisce alla chiesa della Vergine dell'Olmo in Montecchio Emilia. Questa confusione dei nomi e dei luoghi è frequente in tutti gli scritti del Santini; coscientemente ricercata per dare la massima discreta riservatezza a persone, luoghi e fatti. Io maestro di scuola e istrione dilettante, racconto autobiografico sui primi anni di didattica in un paesino in provincia di Reggio Emilia. Qui l'autore parla dei suoi primi successi di attore in commediole in voga in quei luoghi e in quei tempi, più che delle prime esperienze come educatore. L'antenato di casa Tabarin. Racconto storico fantasioso del nonno della moglie del Santini sulle gesta di Messer Bartolino dall'Orcio, antenato di casa Tabarini, vissuto ai tempi del Duca Federico II da Montefeltro. Ha il carattere di una epopea rusticana in prosa del tipo La Brombolona in versi di Luigi Nardini, ripubblicata nel 2015 dall'Associazione Pro Urbino in edizione artistica della Scuola del Libro di Urbino con 18 xilografie originali di Mario Gambedotti. I due popolani e Piazza di Urbino. Pundorino, analfabeta, si fa scrivere una dichiarazione d'amore dall'amico Marcucci. Alla fine si scopre che la lettera è diretta alla moglie di quest'ultimo (ndr). Vernacolo urbinate. Sei simpatiche poesie a carattere amoroso del figlio Arturo in dialetto urbinate.
I seguenti scritti non sono inclusi nel XVIII Volume 2019
de V'l'arcont
in diatlett
Frutti acerbi e fiori olezzanti. Racconta gli amori e i successi di un giovane maestro in Montecchio Emilia (prudentemente chiamato Colleverde). Anche se l'Autore fa riferimento a nomi e fatti apparentemente non attribuibili a se stesso, il racconto ha molto di autobiografico. E mostra come i primi anni di insegnamento (1906-17) vissuti in Emilia furono i più felici della sua vita, ottenendo meritati successi professionali, sociali (in occasione di un incendi salvò due bambini) e sentimentali. Diciottenne ebbe una intima relazione con una signora di trentotto anni e nel contempo coltivò un dolcissimo amore platonico verso una alunna tredicenne. Questo felice periodo emiliano si avviò alla conclusione nel 1914 con le giuste nozze con l'urbinate, Anna Tabarini, (con la quale fu fidanzato per diversi anni, da quando era giovane studente ad Urbino, 1904-06), con la nascita del figlio (1917) e infine il ritorno definitivo ad Urbino. Dolcezza amara dei ricordi. Ormai pensionato (giubilato) il Santini ricorda velocemente i suoi insegnanti, alunni, colleghi, maestri in subordine… In particolare ricorda una maestrina vivace e bellina dalle trecce bionde abitante nelle prime case di via Delle Mura in Urbino. La segue e consiglia nelle varie tappe del sua vita: supplenze, assegnazione di classi rurali, ruolo alla Pascoli di Urbino, aiuto segretaria, fidanzamento, nozze, figli… I figli lo chiamavano "nonno" suscitando in lui gioia e dolore; dolore per non avere nipoti data la morte prematura del suo unico figlio. In partibus et in pectore. Racconto fantasioso di due prelati modestissimi, come si trovavano nella campagna urbinate; uno buono, pio e serafico che i parrocchiani chiamavano San Pietro invece del corretto Don Pietro; l'altro, Don Polifemo, non era terribile come il ciclope suo omonimo, anzi era allegro, scanzonato, caritatevole sì, ma anche dispensatore di pesanti cazzotti, specie quando qualcuno diceva male in sua presenza della chiesa, dei preti o del papa. Questi si recarono a piedi a Roma per adempiere ad un voto. Il caso volle che in Vaticano si svolgessero da molti giorni le estenuanti riunioni del concistoro per eleggere un nuovo Papa. Per porre fine alle incertezze, i cardinali ordinarono al Governatore del Conclave di cercare fra i prelati che officiavano nella cattedrale di San Pietro quello adatto al caso. La scelta cadde sul nostro Don Pietro degno, a sua insaputa, di salire sul maestoso soglio.
Il Minestrone.
Quadretti vivaci sulla vita e personaggi urbinati. Per tener fede
alla massima riservatezza, Urbino viene chiamato Borgo e i nomi dei
personaggi sono di fantasia o storpiati. La raccolta comprende
tredici Titoli: Il museo degli scandali: l'autore immagina un museo del futuro dove vicino ai classici busti del Duca Federico, Raffaello, Barocci ecc. si trovano in stridente contraddizione e in evidente polemica i busti di Claretta Petacci ed di una serie di gerarchi di Urbino passati al "disonore" della storia. Casta Susanna, un record d'infedeltà coniugale: matrimonio di interesse fra Giannino Berzi o Solari, collega del Santini, e la proprietaria terriera Susanna o Magda Cerioli, ricca di dote ma di greve bellezza rusticana. (Foto in fondo pagina, probabile foto del matrimonio). La sposa, conscia della venalità del marito che le si avvicinava solo per bussare cassa, si consolò concedendosi ad ogni uomo che conosceva, iniziando già poco dopo lo sposalizio con i due testimoni, uno dei quali era il nostro Santini. Dopo dieci anni, nei quali Giannino inutilmente cercò di spillare quattrini alla suocera e l'insaziabile Susanna persisteva nei suoi appetiti extraconiugali, lo sposo tradito trascinò la sposa legata al collo con una corda fino alla stalla, dove la legò vicino alle altre vacche ripudiandola ufficialmente e riconsegnandola ai genitori. Eterni fidanzati o Un matrimonio a scoppio ritardato: l'ingenuo e sempliciotto Spiridione Sciapilon (Sciaplon) si innamora della coetanea e tenerissima Silva Rosa, detta Mechioppa, perché era così grassa da pensare che scoppiasse da un momento all'altro (me chioppa, cioè mi scoppia). A diciotto anni la dichiarazione: "Quando ci si vuol bene e non si è sposati, ci si deve sposare". "Faccia lei" rispose la Mechioppa. Ma Sciaplon si vergognava di chiedere la mano ai genitori dell'amata e sua madre non sarebbe stata contenta di condividere la casa con un'altra donna.. Così si sono incontrati, con sole neve acqua o vento, tutti i giorni per circa mezzo secolo: lui dalla strada diceva:"Buonasera Silva Rosa del mio cuore". Lei rispondeva:"Altrettanto a voi, Spiridione mio. Come state?". E lui: "Bene quando vi vedo". Alla morte della mamma, Sciaplon a 55 anni sposa la sua Mechioppa. Al momento di riposarsi nel talamo nuziale, Silvarosa si mette a frignare: "Non vengo, mi vergogno, è peccato…". Il buono Sciaplon non insistette e dormirono separati la prima notte e quelle successive. La vita coniugale trascorreva così in pace e serenità. Finchè una amica bigotta mise in guardia Mechioppa che così non andava bene, Dio aveva ordinato: "Crescete e moltiplicatevi, perciò devi andare a letto con tuo marito". Allora Silvarosa quella sera a notte inoltrata si alzò dal letto in camicia da notte, andò sul terrazzino che separava le camere e qui si fermò a lungo titubante presa dal pudore e dalla vergogna. Erano giorni d'inverno molto freddi e dopo quattro sere di quei tentativi, Silvarosa fu presa da un febbrone per una brutta polmonite. Pochi giorni dopo morì: aveva consumato 47 giorni di matrimonio dopo 47 anni di fidanzamento. Sciaplon affranto disse: "Addio Silvarosa del mio cuore" e poco tempo dopo morì d'infarto. Fausto evento: Il tronfio commendatore Cacce Cacacce, inspiegabilmente Presidente di Tribunale a solo 40 anni e con carriera aperta verso più elevati traguardi, aveva solo il grande cruccio di non avere un figlio maschio, al quale il facoltoso zio Stanislao vedovo e senza figli avrebbe lasciato in eredità tutta la sua milionaria fortuna. A pensare che si era dato da fare in ogni maniera con voti, tridui, novene … dirette a tutti i santi, con il desolante risultato di aver messo al mondo ben dieci belle e sane femminucce. Al decimo evento sia lui che la procace signora dissero basta, basta e basta! Ma fu solo una pausa, l'ingordigia sua e l'insistenza dello zio lo spinsero verso un altro tentativo. Questa volta, come mai prima aveva fatto, si rivolse ad una strana fattucchiera napoletana. Il risultato fu straordinario! Nacquero in un solo parto tre bimbe magnifiche. La passeggiata dei due genitori ancora in verde età con al seguito le tredici figlie era uno spettacolo meraviglioso e commovente. Si commosse pure lo zio e rasserenò tutti dicendo che la sua fortuna divisa per 13 avrebbe fornito doti ancora ragguardevoli. L'affare del Fazzoletto ovvero Avventure galanti di Mardocheo Culipeppi: La personalità del protagonista era all'altezza del suo nome probabilmente affibbiatogli da uno spiritoso impiegato del brefotrofio cittadino. Adottato da una coppia di sposi sterili si laureò in legge a stento a trent'anni suonati. Poi nella professione acquistò la fama di "avvocato delle cause perse". Lui amava tutte le donne, ma sfortunatamente le donne non amavano lui: nessuna del gentil sesso se la sentiva di diventare una Culipeppi. Inaspettatamente una gentil signora nobile e ricca si interessò a lui fino ad invitarlo ad un ricevimento a casa sua. Il Mardocheo che non stava più nei panni dette sfogo a tutta la sua eloquenza dissertando malamente sulla relatività, sul moto perpetuo e sull'entelechia. La signora lo ascoltava maneggiando nervosamente un fazzolettino ricamato e benedetto dallo zio cardinale, finchè il fazzoletto, in una delle nervose acrobazie al quale era sottoposto, cadde non visto da entrambi, sulla patta dell'avvocato. In seguito, quando l'avv. Culipeppi abbassando lo sguardo vide la stoffa bianca ricamata posata sulla sua pancia, rimase di sasso pensando alla fuoriuscita della camicia dai pantaloni; confuso si guardò furtivamente intorno e ficcò velocemente nel pertugio il fazzolettino. La nobil signora accortasi della perdita del benedetto fazzolettino chiese a Culipeppi e agli altri invitati se l'avessero visto. Culipeppi nega innocentemente e si fa in quattro per ritrovarlo. Tuttavia un servo in livrea, al quale non era sfuggita la furtiva manovra dell'avvocato, dietro autorizzazione della signora estrasse il fazzolettino dall'indecente nascondiglio. Mardocheo fu cacciato dal palazzo spinto a ruzzoloni per le scale e da quel giorno non amò più le donne. Grosse spese di un piccolo Stato: Riporta una breve storia di San Marino con accenni alla vicina San Leo: due centri storici sviluppatesi dai romitaggi dei rispettivi santi. Verso il 1860 nel piccolo stato di San Marino sorge un grosso problema: giustiziare "civilmente" un omicida. I Capitani Reggenti deliberano di affittare la ghigliottina dalla vicina delegazione riminese dello Stato Pontificio; ma la chiesa molto venale richiede la favolosa cifra di "l'un sopra l'altro in fila scudi cinquantamila", unità di misura locale già stabilita dal Passatore, ma esorbitante per le modeste risorse del piccolo Stato. Esaminarono senza successo numerose altre soluzioni e infine decisero che la soluzione più conveniente era di graziare il condannato. La grazia fu accettata con sgomento dall'omicida, che ormai conscio della gravità del suo delitto, era rassegnato a essere giustiziato. Piron Tanacca: Breve commedia fra un contadino e vari cittadini esponenti di partiti politici. "So iè, Gvann Piron, quel chi digghen Tanacca, staggh vers San Ciprian, un chilometre piò in sò del Tuff, ma Chel Brega. Alora iè c'avria la mi vacca ch'en se vol fa mugna, com un 'i s'avvicina tira i calc, com ho da fè? Iè ho da portè el latt ma le post e quella en s'vol fa mugna…" Il furbo contadino con questo quesito mette alla prova i cacciatori di voti che son molto bravi a parlare ma incapaci a risolvere anche semplici problemi.
Probabile foto del matrimonio di casta Susanna (1936)
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