Maria Grazia Maiorino: romanzo
ANGELI A SARAJEVO |
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Ma lei, sull’autobus che risaliva Shaftesbury Avenue, diceva che si sentiva dovunque, non “qui, qui, qui” e picchiava lo schienale del sedile, sì, dovunque. E agitava le mani, andando per Shaftesbury Avenue. Lei era tutte quelle cose. Così, per conoscere lei, come del resto per conoscere chiunque, bisognava scovare le persone, perfino i luoghi, che le completano. Provava una strana affinità con della gente con cui non aveva mai parlato, una donna per la strada, un uomo dietro un banco - persino con gli alberi, coi granai. E tutto sfociava in una teoria trascendentale che, visto l’orrore che aveva per la morte, la induceva a credere o a dire che credeva (malgrado il suo scetticismo), che poiché le nostre apparizioni, o la parte di noi che appare, sono così effimere, paragonate all’altra parte, la parte invisibile di noi, che si espande immensa, l’invisibile può benissimo sopravvivere, si può recuperare attaccato addosso a una persona qualsiasi, o magari a certi luoghi, dopo la morte... forse - forse. Virginia Woolf, La Signorina Dalloway, 192S
Mi piacerebbe quindi che la parola e l’ascolto che si intrecceranno qui assomiglino all’andare e venire di un bambino che gioca intorno a sua madre, che se ne allontana, poi ritorna verso di lei per portarle un sasso, un filo di lana, tracciando in questo modo intorno a un centro sicuro tutta un’area di gioco, all’interno della quale il sasso, la lana importano, in fin dei conti, meno del dono che con essi viene fatto.
Roland Barthes, Leçon, 1977
Gwynplaine edizioni - Camerano (AN)
- 2015
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INDICE capitoli
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da: La casa delle iris
(…) Solo all’aperto, in riva al mare o nei boschi, Alida ritrova momenti di spensierata libertà. Come quando percorrevano il sentiero del Monte per raggiungere la casa delle iris. Alla fine del sentiero che attraversando il bosco saliva dal Poggio a Pian Grande, era d’obbligo l’affaccio al bordo della falesia per ammirare l’antica frana che aveva dato origine alla baia di Portonovo; e ogni volta era come se anche il loro sguardo franasse giù, in una specie di trasalimento, lungo la parete scoscesa nascosta dagli arbusti, prima di stendersi verso la mezzaluna bianca delle spiagge e l’azzurro del mare. La casa delle iris era nascosta da una schiera di pini d’Aleppo ancora giovani, piantati per il rimboschimento. Una deviazione dal sentiero più breve che riportava al Poggio e si scopriva la radura: i muri e la scala in pietra rosa del Conero, i segni di una vita contadina non remota in preda all’avanzare dei rovi. I loro corpi erano accaldati per la salita e per l’emozione di quell’isolamento di erbe, cespugli alti e nascondigli tutto intorno, fin dentro l’oscurità delle stanze dal solaio traballante.
Alida sapeva quando fiorivano le iris. Dal ciuffo di foglie acuminate e forti, dietro la casa, si levavano corolle bianche appena sfumate di grigio, che avevano la consistenza quasi acquosa di veli, il profumo invitante… Stava attenta a non sciuparle staccando con un colpo secco gli steli e accostandoli delicatamente nel mazzo, meglio raccogliere i fiori in boccio. Per Alida era una specie di rito prima di andare via. Un segreto che solo lei e i fiori, che a uno a uno si aprivano con eleganza regale nel vaso, conoscevano ...
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