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Dott. GAETANO  SAVOLDELLI  PEDROCCHI

Il Saggio Magistrato

 

Biografia

Hanno detto

Necrologi su n.2/2005:
"ACC. RAFFAELLO: Atti e Studi

Commemorazione del  17-05-2005 Avv. Giovanni Chiarini Commemorazione del
25-11-2005 Accademia Raffaello
Presidenza Accademia Raffaello

 

HANNO DETTO DI LUI

Nota. La biografia prima riportata e le seguenti frasi sono state estratte dai necrologi pubblicati nel fascicolo n.2 del 2005 di ACCADEMIA RAFFAELLO Atti e Studi. Gli autori in ordine di pagina sono:

(1) Alessandro Santini, Avvocato nel Foro di Urbino e vicepresidente dell’Accademia Raffaello

(2) Silvia Cecchi, Sostituto Procuratore della Repubblica del Tribunale di Pesaro

(3) Mario Luni, Docente e Ricercatore in Archeologia presso L’Università degli Studi di Urbino

(4) Lorenzo Furlani, Direttore responsabile di ACCADEMIA RAFFAELLO Atti e Studi

(5) Giorgio Nonni, Docente presso l’Università degli Studi di Urbino

(6) Dante Bernini, Sovrintendente (ad Urbino 1975-78) e Redattore capo di ACCADEMIA RAFFAELLO Atti e Studi

Commemorazione del 17-05-2005:

 (7) Giovanni Chiarini, Avvocato nei Fori di Urbino, Pesaro e Chieti, già Maresciallo nella Polizia Giudiziaria dell'Arma dei carabinieri

 

"Toto" è il diminutivo affettivo con il quale amici, colleghi e molti urbinati chiamavano il Dott. Gaetano Savoldelli Pedrocchi.

 

       DELL’UOMO e DELLA CULTURA

Sedeva con i pantaloncini e una maglietta bianca sotto la veranda di casa, un libro nelle mani asciutte e abbronzate dell’ultimo filosofo latino. Ironico, pacato, acuto, talvolta pungente: nell'aria salmastra legava aneddoti e progetti con quella sua voce un po' ruvida e gracile e il sorriso garbato. Sembrava un marinaio, tornato all'originario ormeggio dopo aver incontrato le genti e visitato i porti del mondo (4).

Era un Grande con interessi molteplici: aveva una conoscenza approfondita delle cose e degli uomini. Tutto questo gli consentì anche di condurre brillantissime operazioni di polizia giudiziaria (1).

Gaetano Savoldelli Pedrocchi era in definitiva un uomo poliedrico colto, con uno spirito che non esito a definire di umanista, che ha insegnato tante cose a chi ha avuto la fortuna di conoscerlo (1).

...parlava sia il dialetto urbinate che quello pesarese, lingue con cui si rivolgeva a imputati e a testimoni che  sapevano esprimersi solo in dialetto (2).

Un uomo che è stato, per me come per molti altri, un maestro autorevole, un fratello maggiore, un amico sincero, un consigliere discreto e tanto altro ancora (7).

...amante e appassionato studioso dell'arte, dell'archeologia, ... alimentava questi intimi suoi interessi con letture mirate, partecipando a conferenze e a presentazioni di libri , quando i gravosi impegni di ufficio glielo consentivano. Talvolta lo si vedeva apparire anche in occasione di attività esterne all'Istituto di Archeologia dell'Università, credo forse per aggiornare sempre più le sue conoscenze, ma di certo anche per portare la propria testimonianza affettuosa di partecipazione ai vari momenti di riscoperta dei beni archeologici di Urbino e del territorio marchigiano (3).

Equilibrato e prezioso anche all'interno di associazioni culturali, quali ad esempio "Italia Nostra", di cui era stato uno dei fondatori nella sede urbinate. Talvolta "consigliere giuridico" discreto, quasi timido, di Soprintendenti e di studiosi, che lo interpellavano sulla corretta gestione di problemi culturali delicati, anche quando gli interlocutori si erano poi trasferiti in sedi lontane, a testimonianza di un rapporto di reciproca stima e di cordiale fiducia (3).

Sono da poco passate le nove del mattino e Savoldelli attraversa la Piazza dopo aver acquistato l'abituale quotidiano al chiosco del piccolo porticato. Lo infila nella capiente tasca dell'impermeabile chiaro, quello classico con le spalline ed i larghi baveri, mentre si avvia verso il Loggiato alla ricerca dei compagni di strada abituali con l’assillo del giorno: "Ma come sarà andato a finire quel cammeo nelle mani di Rubens... se lo era assicurato il duca di Firenze per una montagna di ducati d'oro... Forse, anzi è quasi sicuro, glielo avrà regalato Maria de' Medici dopo avergli commissionato alcuni quadri... “ (5).

Da provetto latinista... sulla traduzione di “carpe diem” conveniva che cogli l’attimo fuggente era debole traduzione, molto meglio in dialetto urbinate “scarpisc el giorn” (2).

Toto in definitiva è stato un uomo di grande dimensione. Egli quando in un'occasione ebbe a dire che doveva tutto a questa nostra Città. Si sentiva Urbinate, è vero questo e forse è vero che egli poteva avere anche di più, ma quel che è certo è che tutti noi , tutti, dobbiamo a lui molto di più di quello che egli ha ricevuto (1).

... non ha mai tradito i luoghi delle sue origini... Urbino rappresentava, per Savoldelli, l'approdo, la scelta definitiva di vita ... (5)

"Toto" era anche un giusto, come ha dimostrato la folla che si è ritrovata nel Duomo di Urbino per l'ultimo saluto, perché tra amici e colleghi c'era anche chi, per sentenza del giudice Savoldelli, era finito in carcere (4).

 

       DEL MAGISTRATO

Era Toto un uomo pieno di volontà e di tenacia, non solo un saggio magistrato ma anche un appassionato d'arte, architettura e archeologia. Concepì la funzione del Procuratore della Repubblica come quella di un Giudice difensore della legge mai quella di un persecutor (1).

... egli aveva acquisito una conoscenza degli uomini, delle cose e delle situazioni, per cui non aveva più il problema di uniformarsi a quelle che erano le apparenze; sapeva andare sempre a fondo nelle coscienze (1).

Uno dei più fedeli e geniali magistrati al servizio dello Stato (2).

Il Presidente Casula ne parlava come “uno dei migliori Procuratori d'Italia" (2).

... amava coordinare l'attività di noi investigatori non dall’esterno, ma stando assieme a noi sia di giorno che di notte. Ricordo che una volta, nel corso di un'indagine molto impegnativa, ebbi a lamentarmi con lui della durezza del nostro mestiere, che ci costringeva a lavorare anche di notte (erano circa le due o le tre del mattino). Mi rispose sorridendo: "Ma come? Dovrebbe invece essere contento. Pensi che a quest'ora tante persone curiose si trovano a guardare storie poliziesche alla televisione. Noi invece le storie poliziesche le viviamo in prima persona" (7).

... in un'epoca come l'attuale, in cui c'è una certa confusione sul modo di intendere il ruolo e l’indipendenza dei giudici e soprattutto del pubblico ministero, la lezione di Savoldelli ci è ancor di più preziosa (2).

... onorava il rito processuale con la più grande osservanza e abnegazione, con totale obbedienza ai tempi del processo, anche lunghi , anche estenuanti, ai suoi sviluppi, alle sue regole. Niente lo infastidiva più dei moralismi, dei pregiudizi, dei luoghi comuni, degli atteggiamenti ideologici o confessionali (2).

Possedeva procedimenti di pensiero fortemente sintetici, arrivava subito al cuore dei problemi, saltando i passaggi più scolasticamente analitici e deduttivi. Alla finezza di giurista aggiungeva una qualità che non si può imparare da nessuno, se non la si possiede: il carisma e l'autorevolezza, veri doni di natura, che l'hanno sempre esonerato dal ricorso a metodi autoritari per farsi rispettare ed obbedire (2).

Le sue requisitorie erano straordinarie perché c'erano in esse fatti, storia, costume... interpretati da un senso finissimo del diritto e profonda intelligenza dell'animo umano, cui sempre si accostava con acume lucidissimo e con grande compassione (per vittime e rei), con totale rispetto per la dignità e per le esigenze delle persone (2).

Un magistrato in equilibrio tra il rigore e il senso della finitezza umana, un giudice nonostante avesse compiuto l'intera carriera come pubblico ministero. La sua era una professione difficile, spesso ingrata, a volte violenta come lui stesso si doleva di constatare. Una professione che svolse provando una rara empatia per le vittime e mantenendo intatta una speciale capacità di comunicare con i rei, dall'assassino spietato al segretario di partito emarginato dai suoi sodali, dal brigatista alla ragazza accusata di infanticidio. Capiva il dolore, innanzitutto per ragioni biografiche.  E alla comprensione di quell'umanità dolente rimase sempre fedele (4).

... aveva poi un formidabile intuito investigativo. Ricordo e testimonio, ad esempio, che sin dai primi colpi perpetrati dai banditi "della Uno bianca", il dott. Savoldelli spesso, parlando con noi investigatori, osservava: "Abbiamo a che fare con delinquenti dotati di una indiscutibile preparazione militare. Orientate le indagini nelle vostre file o nei confronti di ex appartenenti alle forze di polizia o alle forze armate". Ed erano effettivamente appartenenti alle forze di polizia in servizio. Quei banditi vennero poi condannati all'ergastolo al termine del processo nel quale il dott. Savoldelli sostenne l'accusa (7).

...sapeva apprezzare - qualità diventata rara tra i magistrati - la sottile linea di confine tra il segreto istruttorio e la libertà dell'informazione, il diritto alla riservatezza e quello di cronaca, in un equilibrio dinamico che è la fondamentale risorsa di un'opinione pubblica (4).

Ed era consapevole che questa fosse la sua vera arte, destinata a non lasciare traccia se non nella nostra memoria, un'arte che esisteva per lui e che

con lui sarebbe morta .  Quando ne parlavamo, lo paragonavo a un rapsodo, a uno di quei musici-poeti che affidano il meglio di sé alla sola tradizione orale: anche per questo la sua perdita lascia in noi un vuoto così grande(2).

 

          DEL CLAMOROSO E TEMPISTICO RECUPERO DEI QUADRI

Ma orgoglio e vanto di questo magistrato, dalla figura minuta e dalla volontà tenace, educato al bello attraverso le geometrie monumentali e l'equilibrio con la natura dell'umanesimo urbinate, fu il recupero di tre straordinari dipinti rubati nel Palazzo ducale di Urbino nel febbraio del 1975: la Flagellazione e la Madonna di Senigallia di Piero della Francesca e La Muta di Raffaello. In quell'indagine profuse energie apparentemente inesauribili e mostrò una profonda conoscenza delle debolezze e delle ambizioni umane. Fu così che riuscì a governare per quattordici mesi una complessa macchina investigativa, che si avvaleva di doppiogiochisti e personaggi sotto copertura, conducendola tra innumerevoli ostacoli, compresi quelli burocratici, fino a Locarno, in Svizzera, dove, nell'aprile del 1976, i tre quadri furono finalmente recuperati. Mentre i colpevoli finivano in carcere, i capolavori tornarono a Urbino accolti dalle campane suonate a distesa (4).

C'era nel dott. Savoldelli in misura non comune il senso del rispetto dei sentimenti e delle esigenze altrui, ciò che lo portava ad esempio ad astenersi da ogni coinvolgimento non indispensabile delle persone in un modo o nell'altro interessate all'andamento del processo. Sapeva certamente che il soprintendente era grande in ansia per l'esito [cioè per il recupero dei quadri, ndr], ma questi ebbe per primo la bella nuova del recupero dalla stampa, sebbene poco dopo il Procuratore lo invitasse a dirigersi con lui a Locarno per il ritiro dei capolavori rubati.... (6)

Il dott. Savoldelli, schivo com'era, scomparve dalla scena e dai festeggiamenti per riprendere il suo solito posto all'interno del Palazzo di giustizia, e personalmente lo rividi solo qualche settimana più tardi, quando venne in Palazzo ducale ad assistere a un convegno di studi sollecitamente organizzato dalla Soprintendenza con la partecipazione di importanti studiosi, sul significato storico e artistico di quelle opere perdute e fortunatamente riacquistate (6).

       

        DELLA SOFFERENZA

Anche nella fase ultima della vita, nella stretta della malattia risaltava il suo equilibrio, l'affabilità, l'ironia, il calore... Ricordo la sua premura costantemente rivolta agli altri, di cui domandava ad ogni incontro, ai comuni amici, alle ultime vicende giudiziarie e istituzionali. Ma di sé e della propria pena segreta non disse mai nulla e non solo per tutelare i suoi famigliari dall'imminente dolore: la morte ormai a portata di mano, non fu mai nominata (2).

Già in pensione e afflitto dal male mi disse: "... a volte ho la sensazione che gli interlocutori ai quali mi è capitato di raccontare qualcuna delle nostre storie, mi guardino con una certa incredulità, come se si trattasse di rielaborazioni fantasiose di un anziano magistrato in pensione, che si culli nei suoi ricordi - aggiunse poi con tono scherzosamente minaccioso - Guardi che Lei è uno dei pochissimi testimoni rimasti e, se necessario, io la indicherò sempre come tale" (7).

Abbraccio con molto affetto i familiari del dott. Savoldelli e li prego di considerarmi sempre a loro disposizione, così come lo è sempre stato il dott. Savoldelli per me e per la mia famiglia  (7).

 

Come webmaster di questo sito per concludere riporto un ricordo personale del Dott. Gaetano Savoldelli Pedrocchi.  Saltuariamente nel Tribunale di Urbino fungevo da perito d’ufficio per le analisi chimiche e tossicologiche. A differenza di altri giudici, questi mi chiedeva ogni volta il meccanismo d’azione delle droghe come inducevano dipendenza e tolleranza, sulla variabile individuale e ambientale... Una volta sospirando gli uscì detto “questi ragazzi oltre che farsi del male rischiano fino a 4 anni di galera, mentre uno che uccide un poveraccio con l’auto ha solo il ritiro della patente per un anno”.

 

DAL WEB:

 

 

 

COMMEMORATO DAL PRESIDENTE TOMBARI

IL CONSIGLIERE GENERALE

 

DOTT. GAETANO SAVOLDELLI PEDROCCHI

 

Nel corso della penultima seduta del Concilio il Presidente della Fondazione ha commemorato il dott. Savoldelli Pedrocchi recentemente scomparso, ricordandone le altissime doti umane e professionali.

Giurista e magistrato di rara sensibilità umanistica e culturale, Consigliere Generale dal 2000, il dott. Savoldelli ha sempre offerto alla Fondazione un contributo di grande equilibrio, saggezza e lungimiranza nelle scelte di fondo operate dalla Fondazione stessa nei vari settori di intervento.

 

 

http://www.lospecchiodellacitta.it/

 

Gaetano Savoldelli Pedrocchi:  il braccio non violento della legge

 

Con questo titolo "Lo Specchio della città" ha pubblicato nel gennaio  1999 il primo di una serie di “ritratti” (poi raccolti nel libro “Personaggi allo Specchio”) dedicato a Gaetano Savoldelli Pedrocchi: il celebre procuratore della Repubblica, scomparso a Pesaro il 16 aprile. In quell'occasione, criticando le richieste di misure repressive per contenere la criminalità, ci aveva detto: “Noi italiani invochiamo sempre le pene più feroci, ma poi ci commuoviamo quando passa un uomo in manette. E' una specie di schizofrenia sociale impressa nel nostro Dna nazionale”. In realtà lui ha sempre creduto, nonostante tutto, nei principi di rieducazione del reo.

Ha suscitato un unanime cordoglio la scomparsa dell'ex Procuratore della Repubblica Gaetano Savoldelli Pedrocchi: un magistrato e un mecenate della cultura. Queste sono le coordinate che hanno caratterizzato l'esistenza di quest'uomo, pesarese di nascita ma sempre legato fin dall'adolescenza a Urbino, dove studiò e lavorò contemporaneamente come precettore nell'orfanotrofio locale e conobbe una ragazza urbinate, che poi sposò. Iniziò la sua carriera giuridica come cancelliere, poi salì i gradini della magistratura fino a divenire Procuratore capo a Pesaro. Savoldelli fu autore di numerose inchieste: dal recupero delle opere d'arte trafugate al Palazzo Ducale di Urbino, ai tragici avvenimenti legati alla banda della “Uno bianca”.
Ma anche nel mondo della cultura Savoldelli ha lasciato un segno indelebile, soprattutto quando divenne presidente dell'Accademia “Raffaello”, che diresse per quasi cinque anni. E sono gli amici artisti a ricordarlo. Franco Fiorucci, pittore pesarese, fu allievo di Savoldelli nell'orfanotrofio. “Compresi la sua bontà, la sua intelligenza e il gusto e capacità di assimilare la cultura con il conforto dell'amicizia”. E Mario Logli, artista urbinate, così ricorda l'amico “Toto”: “Da ragazzi andavamo a fare delle lunghe passeggiate sul colle dei Cappuccini, e mi ripeteva sempre : “Urbino e il mare sono due amori della mia vita”. Anche il mondo universitario lo ricorda con rimpianto. Per il rettore Giovanni Bogliolo: “Savoldelli Pedrocchi è stata la personalità di Urbino che raccoglieva il più alto consenso nell'ambito sociale e culturale”.

Paolo Montanari 

Fig.: Savoldelli Pedrocchi visto da Sergio Carboni

 

 

Sul furto dei quadri di Urbino sono stati scritti almeno due libri:

 

Massimo Pulini - Gli inestimabili - CartaCanta editore, 191 pagine, 13,50 euro

 

Il primo romanzo di Massimo Pulini ruota intorno al più clamoroso furto della storia museale italiana   Il libro sarà presentato domenica 2 ottobre 2011 a Cesena  negli splendidi spazi della Biblioteca Malatestiana

Presentato domenica 2 ottobre alle ore 17:30 negli spazi della Biblioteca Malatestiana di Cesena

http://www.cesenatoday.it/eventi/cultura/gli-inestimabili-quando-raffaello-e-piero-vennero-rubati-a-urbino-tatiana-tomasetta-433466.html

Vincenzo Oliveri - Albergo Muralto camera 116 - ControVento Editrice

Il raggio delle torce elettriche dei guardiani illuminò la Sala degli Angeli, scoprendo all’improvviso le cornici e i cavalletti vuoti.
Era la notte del 6 febbraio 1975 e da pochi minuti era stato messo a segno il più clamoroso furto di capolavori d’arte da un museo italiano. Da quel momento iniziò la caccia ai ladri per recuperare un bottino patrimonio del mondo.
 

 

http://www.controventoeditrice.eu/albergo-muralto-camera-116.html

 

 

Biografia

Hanno detto

Necrologi su n.2/2005:
"ACC. RAFFAELLO: Atti e Studi

Commemorazione del  17-05-2005 Avv. Giovanni Chiarini Commemorazione del
25-11-2005 Accademia Raffaello
Presidenza Accademia Raffaello

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