MARIO AGNOLI Giurista, poeta, scrittore e ... urbinate di adozione |
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La Sera
La lamina del tempo
Da remoti sentieri
Memoriali
Mario Agnoli e, sullo sfondo, l'Antelao, imponente montagna del Cadore |
Mario Agnoli, cadorino di nascita, ha vissuto e lavorato a Pistoia, come Dirigente Amministrativo; è stato docente universitario in discipline relative al diritto amministrativo. Ha pubblicato diversi libri e saggi di diritto ma anche molti saggi in campo sia di narrativa che di arte. Ha pubblicato inoltre dieci libri di poesie, numerosi racconti e romanzi. Ha sposato l'urbinate Marina Zampolini, figlia di Alfredo Maestro, Direttore Didattico ed emerito cittadino di Urbino (ricordato in queste pagine web, clicca qui). In seguito alle sue frequenti visite ad Urbino, Agnoli amò la Città Ducale e si legò molto ad essa partecipando e collaborando attivamente alla vita artistico-culturale. E' ancora viva la sua assidua presenza alle "Conversazioni di Palazzo Petrangolini", all'attività del "Circolo ACLI-Centro Universitario" e dell'UNILIT (Università Libera Itinerante Collegata con l'Università di Urbino), tanto da essere riconosciuto dagli organizzatori e dal pubblico come un esemplare cittadino urbinate, un urbinate di adozione. |
Mario Agnoli nasce il 24 agosto 1924 a Valle di Cadore (BL), nel cuore delle Dolomiti. La sua famiglia è fra le più cospicue della zona, ma paga un caro prezzo al proprio convinto antifascismo: la ricca biblioteca di famiglia viene data alle fiamme, il padre di Mario, Luigi Agnoli, viene mandato al confino a Ventotene, e sulla famiglia incombe il disastro economico in quanto il governo di Mussolini ritira le fideiussioni che permettevano l’attività della piccola Banca di cui la famiglia era proprietaria. Il giovanissimo Mario (foto) viene coinvolto in una retata contro i partigiani, imprigionato a Conegliano Veneto e condannato alla fucilazione, da cui si salva in extremis per la commutazione della pena nella deportazione nei lager in Germania. Durante il viaggio in treno verso il lager fugge coraggiosamente insieme ad un amico dopo aver tolto delle assi di legno al pavimento del vagone, calandosi sulle rotaie (nonostante la presenza delle S.S. sul tetto del treno). Fugge a piedi, inseguito dai nazisti e dai loro cani, per i territori tedeschi e austriaci, privo di cibo e di assistenza, finchè riesce miracolosamente a raggiungere la cittadina dolomitica di Agordo, dove nel frattempo la famiglia si era trasferita. Qui rimane per circa 6 mesi nascosto in una legnaia, con poca aria e nessuna possibilità di muoversi, nutrito dalla madre Gisella, a rischio della vita per entrambi. Per le persecuzioni subite, e per l’impegno dimostrato in seguito nell’ambito delle istituzioni, il 27/12 /1989 riceve la decorazione di Grande Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Finito questo terribile periodo, Mario ha potuto dare ali ai suoi progetti : la laurea e l’inizio della professione di Segretario Comunale, professione che in seguito l’ha portato, per esigenze di carriera, a numerosi trasferimenti. Vincitore di concorso presso il Comune di Pistoia nel 1979, ha lì incontrato l’urbinate Marina Zampolini, figlia di Alfredo Zampolini e Zaira Palombi, anch’essa vincitrice di un concorso per Psicologo presso lo stesso comune. I due si sono sposati l’8 settembre 1983, dando vita ad un’unione lunga e felice, caratterizzata da un profondo legame affettivo, da una totale comprensione reciproca, e dalla condivisione di numerosi interessi culturali. Il legame con Marina ha portato Mario alla frequentazione assidua della famiglia di lei in Urbino: in particolare con il padre di Marina Mario ha sviluppato un rapporto di profonda intesa sia da un punto di vista umano che culturale , ed è stato da lui introdotto negli ambiti culturali della città; soprattutto nelle vacanze estive Mario partecipava attivamente alle iniziative del Circolo ACLI in collaborazione con l’Università di Urbino, presentando, nell’ambito delle “Conversazioni di Palazzo Petrangolini” anche proprie pubblicazioni. E’ stato proprio in una di queste occasioni che il promotore dell’iniziativa prof. Gastone Mosci ha definito Mario “urbinate d’adozione”, titolo di cui Mario è sempre andato molto fiero. Quando la morte ha improvvisamente colto Mario il 6 agosto 2017, alle soglie del 93° compleanno, Marina l’ha fatto trasportare in Urbino e collocare nella cappella della famiglia Zampolini al cimitero di San Bernardino.
La vita professionale La professione di Segretario Comunale è sempre stata esercitata da Mario con grande impegno e competenza, sia che si trovasse a dirigere piccoli comuni di montagna nel natio Cadore, sia che avesse la responsabilità di realtà comunali più ampie, quali le città di Feltre ( BL), Montevarchi (AR), e infine Pistoia , dove ha raggiunto il Grado di Segretario Generale di I Classe. ( foto di Mario alla scrivania) Il suo operare è sempre stato quello di un “burocrate” atipico e illuminato, teso alla ricerca di soluzioni che, nel pieno rispetto della legge, consentissero alle Amministrazioni di procedere speditamente alla realizzazione di importanti interventi: ad esempio, a Feltre creazione della zona industriale e ristrutturazione del teatro cittadino, a Montevarchi recupero di quanto distrutto o deteriorato dall’alluvione dell’Arno del 1966, a Pistoia acquisizione di aree industriali dismesse per destinarle ad altri importanti scopi, creazione del museo “Marino Marini” e ristrutturazione del Museo Civico, recupero di aree ex-conventuali per ospitare uffici giudiziari ecc.
Altro aspetto caratterizzante la sua opera professionale è la piena e
costante consapevolezza di come le istituzioni, e così gli uomini che le
dirigono, siano posti al servizio del cittadino e dei suoi bisogni, e
debbano quindi operare con dedizione, umiltà, apertura mentale e spirito
innovativo: qualità queste che gli sono state riconosciute ovunque abbia
operato, anche con importanti apprezzamenti, tra i quali gli
apprezzamenti della presidente della Camera Nilde Iotti.
Un ultimo aspetto ha caratterizzato il muoversi di Mario nel proprio ambiente di lavoro: la sua innata affabilità, gentilezza e disponibilità verso chiunque lo ha fatto non solo apprezzare, ma anche amare dal personale da lui diretto: è stata per lui una grande soddisfazione verificare che, una volta venuti meno, con il suo pensionamento, i vincoli di subordinazione, gli ex-dipendenti gli hanno manifestato, senza limiti di tempo, gratitudine e simpatia: Mario ha rappresentato per molti lavoratori, dai dirigenti di settore all’ultimo degli uscieri,” il volto umano dell’istituzione”. Del resto questa vocazione alla difesa del diritto inteso come baluardo di civiltà e garanzia per i più deboli è stata espressa da Mario anche in ambiti diversi da quello professionale, ad esempio nel volontariato: militanza nella sezione di Pistoia di “Cittadinanza Attiva” dal 2004 al 2008, con la partecipazione ad importanti iniziative in favore dei carcerati, degli immigrati, dei malati cronici ecc.
Dopo il pensionamento Mario ha coltivato attività consonanti con il suo precedente impegno professionale: ha collaborato infatti per oltre 20 anni con uno Studio di Consulenza per l’A.N.C.I. (Associazione Comuni Italiani, nell’ambito del quale ha fornito annualmente il proprio apporto alla redazione della “Guida per i comuni italiani”, edita prima dall’ANCI stessa e poi dalla Casa Editrice Maggioli, curando in particolare le parti della Guida relative agli interventi sul sociale e all’urbanistica, nonché alla polizia mortuaria, di cui è stato uno dei massimi esperti italiani ( foto della Guida). A cavallo fra gli anni’90 e 2000 Mario ha ricevuto l’incarico di Presidente del Comitato Provinciale dell’I.N.P.S. di Pistoia, incarico che ha svolto per 8 anni, insieme a quello di Membro del Comitato Regionale dell’I.N.P.S. di Firenze. Anche in questo campo la sua opera è stata molto apprezzata dagli organismi regionali e nazionali, e, ancora una volta, dai collaboratori, per i quali Mario è stato una guida sicura in campo giuridico ed un esempio di attenzione ai problemi dei cittadini utenti dei servizi dell’Ente (di fianco la targa UIL).
Dal 1985 al 1991 Mario ha avuto incarichi di insegnamento presso l’Università internazionale “Coluccio Salutati”, (foto della brochoure dell’Università) con sede italiana a Pescia (PT), e contatti con la sede di New York. Ha insegnato diritto pubblico e diritto privato: ha scoperto così una grande passione per l’insegnamento e per il contatto con i giovani, che seguivano con molto interesse le sue lezioni, riconoscendogli non soltanto competenza ma grande capacità di comunicazione nella didattica e non solo: alcuni di loro l’hanno esplicitamente dichiarato “ maestro di vita oltre che di scienza”.
Pubblicazioni giuridiche La produzione di pubblicazioni giuridiche di Mario è stata intensissima, a partire dagli anni ’80 fino al 2017, e caratterizzata da una grande varietà di temi e di mezzi espositivi: si va infatti dagli articoli pubblicati per circa 15 anni sulla rivista giuridica “ L’ Amministrazione Italiana e per circa 20 anni su “Nuova Rassegna di legislazione, dottrina e giurisprudenza”, alle monografie su diversi argomenti: dall’ordinamento delle autonomie locali ai diritti dei minori, dalle leggi per la montagna ai regolamenti di polizia mortuaria, al sistema integrato dei servizi sociali ecc, per finire con le riflessioni su temi socio-giuridici pubblicati sul settimanale toscano “ La Vita”, nell’ambito di una collaborazione ultradecennale, riflessioni in cui Mario cercava di coinvolgere il pubblico dei non tecnici del diritto, con stile e linguaggio appropriato, su temi di attualità della vita istituzionale del Paese. L’impegno principale di pubblicistica giuridica è stato comunque quello relativo alla “Guida per i Comuni Italiani”, alla quale ha collaborato dal 1986 al 2016. Negli ultimi anni, attraverso la collaborazione con il prof. Bruno di Giacomo Russo, direttore della Rivista “La Nuova Amministrazione italiana” e docente presso l’Università di Milano-Bicocca, Mario si è aperto alla collaborazione con questa Università, in campo pubblicistico.
La vita culturale Gli interessi culturali d Mario hanno spaziato molto al di là dell’ambito giuridico, essendo la sua sete di conoscenza pressoché inesauribile: stimava infatti di aver raccolto nella casa di Pistoia circa 5000 volumi, non solo di materie giuridiche, ma anche storiche, artistiche, e soprattutto letterarie: poesia e letteratura sono state infatti la grande passione di Mario, a cui ha dedicato, soprattutto dopo il pensionamento, gran parte del suo tempo, sia come lettore che come autore di poesie e romanzi, nonché di recensioni artistiche. Particolarmente care gli erano, soprattutto negli ultimi decenni, le composizioni a carattere religioso: ha scritto infatti il testo, in due versioni, per la “Via Crucis” rappresentata con successo nel periodo pasquale, e un commento al “Cantico delle creature” di San Francesco d’Assisi, presentato nella chiesa pistoiese dedicata al Santo. Per quanto riguarda le recensioni artistiche particolarmente fecondo si è rivelato il rapporto con il pittore e scultore Pistoiese Flavio Bartolozzi, che nell’ambito di decenni ha dato luogo a diverse pubblicazioni da parte di Mario (foto pubblicazioni). La partecipazione alla vita culturale della città si è estrinsecata inoltre attraverso la partecipazione a Giurie di Premi Letterari: Mario è stato infatti per 35.anni presidente della sezione “Poesia” del Premio Letterario “Giorgio LaPira”,nell’ambito dell’omonimo Premio Internazionale per la Pace la Cultura e la Solidarietà organizzato dal Centro Studi “Giuseppe Donati “ di Pistoia(foto della brouchure e della cerimonia di premiazione); è stato inoltre per 20 anni membro della Giuria del Premio Nazionale di Poesia “ Pietro Borgognoni”(foto della brouchure e della premiazione). Inoltre sul già citato settimanale toscano “La Vita” Mario ha pubblicato, oltre che articoli socio-giuridici, interventi su temi culturali diversi, con particolare riferimento alla celebrazione del ricordo, in occasione di anniversari della nascita o della morte, di illustri personaggi: da Cesare Beccaria ad Albert Camus, da De Gasperi a Tolstoi ecc. Sul “Notiziario del Circolo Letterario Leopardi”(foto) Mario ha pubblicato numerosi interventi su tematiche sociali e filosofiche, ma anche molti brevi e gustosi racconti, caratterizzati spesso da una “sottile morale” tutta da scoprire da parte del lettore. Amante della comunicazione culturale a tutto tondo, Mario è stato per circa un trentennio un animatore della vita culturale pistoiese. Mario non ha mai peraltro perso i contatti con il suo ambiente d’origine, e ha pubblicato interventi di diversa natura sulla rivista “Dolomiti”( foto della rivista)
Le pubblicazioni letterarie. Mario Agnoli “nasce” poeta; scrivere poesie è infatti per lui, sin dagli anni della prima maturità, un’esigenza imprescindibile dell’anima, esigenza che le pur onerose incombenze professionali non sono mai riuscite a soffocare. Esordisce nel 1972 con Rami divelti - P. Castaldi, Feltre per poi continuare nel 1977 con Poesie -Rebellato Editore, Venezia, nel 1981 con Il mercato - Rebellato Editore, Venezia, nel 1983 con Frammenti di un poema –Rebellato Editore, Venezia, nel 1988 con Ombra - Nuova Compagnia Editrice, Forlì, nel 1999 con Essenze - L’Altravoce del ClanDestino, Forlì, nel 2010 con Esperia - Giraldi Editore, Bologna, nel 2013 con Nati dal vento - Giraldi Editore, Bologna, nel 2016 con Dove cresce il cipresso (poesie di Mario Agnoli – disegni di Flavio Bartolozzi) - Editing Silvana Agostini. Le raccolte poetiche vengono presentate al pubblico pistoiese a cura dell’Assessorato alla Cultura del Comune, come pure dal Comune di Monsummano Terme e dall’Associazione “Casa di Dante" a Firenze. Le liriche vengono recitate dalla Compagnia Teatrale “I Narranti“ di Pistoia, con successo di pubblico e di critica. La raccolta postuma Solstizio d’inverno è già pubblicata dall’Editore Giraldi ed è in corso di distribuzione. Dal lavoro poetico di Mario emerge un’interiorità sofferta, delicatissima e a tratti malinconica, centrata sul dubbio e sulla ricerca esistenziale, vero e proprio contraltare della personalità energica, vitale, solidamente attaccata a valori sicuri che caratterizzava l’autore nella vita quotidiana; non è stato difficile tuttavia per gli esegeti della poesia di Mario rintracciare, al di sotto di questa apparente dicotomia, un substrato unitario e coerente, centrato sulla “lucidità appassionata” con cui Mario approccia le tematiche della vita e della trascendenza.
L’esigenza di esprimersi anche attraverso la prosa, brevi racconti inizialmente, e poi tre romanzi che costituiscono una trilogia, nasce in Mario in epoche piuttosto tarde della vita, negli anni 2000. Attraverso questo tipo di espressione letteraria Mario cerca di comunicare e condividere con i lettori quel grande bagaglio di esperienze umane, relazionali, sociali istituzionali che possedeva, sullo sfondo di un periodo storico che va dagli anni ’30 del secolo scorso fino alla fine del secolo stesso, periodo da lui intensamente vissuto, pur in assenza di riferimenti autobiografici diretti.
Nascono così i romanzi La Fuga - Giraldi Editore, Bologna 2012, La Croda Rossa - Giraldi Editore, Bologna 2015, L’Ombrellone - Giraldi Editore, Bologna 2017 che costituiscono LaTrilogia della Riconquista, nella quale si esprime la tensione dell’uomo verso la riconquista di una condizione esistenziale che gli apparteneva (libertà, amore, pienezza identitaria) e che gli è stata sottratta o per l’intrinseca fragilità dell’essere, o per la complessità opprimente delle vicende storico-sociali, o per un deliberato disegno altrui di danneggiarlo attraverso l’ingiustizia. Il romanzo La Fuga è stato presentato, oltre che a Pistoia, anche in Urbino nell’ambito delle Conversazioni di palazzo Petrangolini il 9 agosto 2012, cosi come L’Ombrellone sarà presentato il 16 maggio 2018 nell’ambito di UNILIT POESIA 2017/2018, Urbino, Circolo Acli-Centro Universitario, dopo essere stato presentato a Pistoia nell’ottobre 2017 e a Firenze il 27 febbraio 2018. Muore a Pistoia il 6 Agosto 2017 Mario Agnoli ci ha lasciato inoltre, inedita e ormai pronta per la pubblicazione, una nuova trilogia, La Trilogia dell’Umano, composta dai romanzi La Brughiera, La lamina del tempo, L’altra lamina del tempo, di prossima pubblicazione.
Una testimonianza di Marco Massimiliano Lenzi Dagli incontri, dalle conversazioni avute con Mario Agnoli e leggendo alcuni dei suoi lavori, mi sono reso conto di trovarmi di fronte ad una personalità complessa e sottilmente articolata: studioso di diritto amministrativo ad altissimo livello, saggista, docente, impegnato in ambito politico-amministrativo (ambito in cui aveva ricoperto importanti cariche), poeta, scrittore, critico interessato a tutti gli aspetti dell’arte. E, mi preme sottolinearlo, uomo di fede; ma di una religiosità non esibita. Tuttavia, cosa rara, questi aspetti presentavano un’intima coesione. Uso il termine coesione e non semplicemente coerenza, perché quest’ultima implica comunque una certo sforzo, mentre in Agnoli era ben individuabile la naturalezza, la gratuità con cui ciò si esprimeva. -Potrei qualificare Mario Agnoli come un uomo di cultura, un autentico intellettuale a tutto tondo, cosa estremamente rara da riscontrare. Perché rara? Perché Agnoli era veramente al servizio della cultura in tutte le manifestazioni che ho indicato e non poneva certo la cultura al proprio servizio, ai fini di un’affermazione personale. Inoltre, in lui era ben evidente (ed è ciò che contraddistingue il vero intellettuale) fino all’ultimo il desiderio di conoscere e di imparare, direi quasi il dovere di farlo. Così come il genuino interesse per il lavoro intellettuale degli altri. Se dovessi sintetizzare in una cifra simbolica l’esperienza esistenziale di Agnoli, a partire dalla sua produzione letteraria e poetica, ma non solo, la qualificherei come: “lucidità appassionata”. Il che può quasi apparire una contraddizione in termini, un ossimoro. Ma non è così. L’attenta presenza esistenziale di Agnoli è contraddistinta (e questo emerge particolarmente dall’opera narrativa) da un rigoroso impianto logico-analitico, uno sforzo continuo di oggettivazione per acquisire una sempre più profonda presa di coscienza. Questa lucida, spesso dolorosa disamina investe, con dovizia di dettagli, la realtà sociale, storica e storico-culturale, mai intesa come separata dalle vicende delle esistenze individuali e dalle dinamiche dei rapporti interpersonali. Ciò emerge dalla messa in scena di personaggi, vicende e situazioni appartenenti a questo suo ultimo romanzo L’ombrellone. E’ soltanto all’interno di questa tessitura narrativa che può emergere con maggior chiarezza quella «successione degli stati dell’essere» (così si esprime Agnoli nelle pagine de L’ombrellone) che è il punto caldo di convergenza della sua analisi. Stati che implicano la simultaneità della componente riflessiva e di quella emotiva, dei sentimenti, della dimensione individuale e di quella sociale. Potremmo dire allora che l’istanza fondamentale di Agnoli è quella della conoscenza, intesa però non come accumulo di nozioni, bensì come ricerca appassionata di consapevolezza. In questo processo la razionalità, l’ingiunzione logico-analitica, vengono spinte all’ estremo mostrando così il proprio, invalicabile limite. E’ qui, a mio avviso, che si rivela il vero protagonista dei romanzi e della poesia di Agnoli: il senso del Mistero; il sentimento di un’altra trama dell’esistenza, solo in parte e per frammenti accessibile: quella tessuta dall’Invisibile, dall’imponderabile, decisa da un Potere superiore, di ordine trascendente E’ qui che la religiosità di Agnoli si mostra come Fede sì radicata, ma non facilmente assertiva, bensì fortemente interlocutoria, costantemente incalzata dalle esigenze della ragione, dal confronto umano e metafisico insieme del Bene e del Male, della giustizia e del sopruso, del diritto e della prevaricazione, della facile menzogna e della difficile verità da cercare; senza soluzione di continuità tra dimensione individuale e dimensione storico-sociale. E’ su questo arduo crinale che si mette alla prova l’uomo, l’intellettuale, il poeta. Come? Accettando la sfida di “abitare” questo confronto, di non rifiutare o rimuovere la presenza immanente del Mistero, dell’imponderabile ripiegandosi su una individualismo esasperato e pessimista, su una quotidianità sfibrata, su una autoreferenzialità elevata a norma assoluta, come purtroppo è di gran parte della narrativa e della poesia contemporanee. Per evidenziare il senso di questa sfida, accettata da Agnoli, vorrei soffermarmi un momento sulla sua poesia. Infatti, come sottolinea la moglie Marina, in un toccante ricordo, è all’anelito alla poesia che soprattutto Agnoli ha affidato la sua traccia nel mondo. E, aggiungerei, senza conoscere la poesia di Agnoli non si può penetrare compiutamente la sua opera narrativa. Quello che, a mio avviso, contraddistingue la poesia di Agnoli è il tentativo di giungere a quello che può essere definito come pensiero poetante o poesia pensante. Mi spiego semplificando al massimo. La poesia non è qui intesa come mera espressione di stati d’animo, sentimenti cui si accompagna una qualche forma di riflessione; bensì è il farsi stesso della poesia che muove, genera una particolare forma di pensiero, insieme simbolica e discorsiva. Vale a dire che la poesia, a questo livello, rivela tutta la propria valenza conoscitiva, confrontandosi costantemente con il Silenzio da cui si origina, ossia con ciò che è indicibile e che pure è intensamente presente. Da questo Silenzio proviene la parola poetica e ad esso riconduce. -Da qui, la estrema sensibilità linguistica mostrata da Agnoli, l’equilibrata formazione delle immagini poetiche in cui la forza evocativa del simbolo non può prescindere da un’alta, affilata consapevolezza linguistica. La stessa che, per altro, ritroviamo nei romanzi sebbene regolata da altre esigenze stilistiche. Vorrei, per concludere, portare brevemente l’attenzione su un ultimo, ma fondamentale elemento che attraversa, come un circuito interno, la figura e l’opera di Agnoli: la cognizione del bene. Questo, non è assolutamente da intendersi nella prospettiva propria al relativismo, poiché esso per Agnoli si origina nella Trascendenza, nel Divino; né, tantomeno, è assoggettabile a mere istanze individualistiche. Ritengo, inoltre, che per Agnoli il bene non sia qualcosa di già compiutamente dato: quando da parte dell’uomo vi è la scelta del bene e non del male, allora e soltanto allora il bene esiste veramente. Bisogna poi sottolineare che la concezione del bene implica, in sé, quella di verità, di bellezza di giustizia, nel solco della nostra tradizione umanistica. Questa però, in una prospettiva pienamente cristiana, ha come fulcro la Redenzione, il che comporta la determinante presenza del libero arbitrio, l’imprescindibilità della scelta. La passività dunque, il non scegliere, la rinuncia è il male, quel male che conduce inevitabilmente alla nullificazione dell’esistenza. Scrive Agnoli: «Il male non è un’avvisaglia dello sgomento, un insabbiamento dell’essere, è rinuncia». A ben vedere, Luigi, il protagonista di questo romanzo (e in buona parte alter-ego del narratore) nel proprio rovello esistenziale ed artistico cerca costantemente di perseguire il bene (con tutte le implicazioni che ho detto) al di là della contingenza, dell’illusorietà delle apparenze, delle incertezze, del proprio tornaconto, fino all’autosacrificio. Fino all’accettazione di una condanna e di una reclusione del tutto ingiuste, trasformandole in una occasione per cambiare in meglio la vita degli altri detenuti. Anche la continua elaborazione del proprio stile, i dubbi, gli interrogativi, le trasformazioni da parte del protagonista del romanzo, cercano di rispondere ad un’esigenza di verità per porsi adeguatamente dentro (e non semplicemente di fronte) alle mutevoli condizioni socio-culturali, per ricercare un difficile orientamento condivisibile. Anche questo è il compito dell’intellettuale, dello scrittore. Agnoli con ciò, sembra volerci ricordare che solo il bene, inteso in tutta la sua complessità, può dare realmente un senso alla nostra esistenza, quel senso che, antropologicamente, è bisogno primario dell’uomo in quanto tale e che soltanto può condurre ad un progetto reale, indirizzare la vita di ognuno e della collettività illuminando la contingenza, la quotidianità con una luce diversa, perenne, perché di origine non umana. Soltanto attraverso ciò l’uomo può aprirsi alla propria dimensione totale, affacciandosi sull’Infinito. Scrive Agnoli (da Dove cresce il cipresso) nella poesia “Il diritto come morale”: «Tutto è del nulla ove prevalga il non senso. Pure l’indugio è fuga dell’essere. Solo la cognizione del bene è profumo d’eterno». Marco Massimiliano Lenzi
Mario Agnoli uomo e scrittore d’élite Una testimonianza di Carlo Vannini
Uomo splendido, Mario Agnoli, che ha vissuto intensamente, a cominciare dall' esperienza della seconda guerra mondiale passata, come antifascista, fra dolori, tribolazioni e traumi indelebili come una fucilazione evitata solo all'ultimo istante per un contrordine ed una fuga rocambolesca dalla prigionia che lo costrinse a stenti e privazioni tali da condurlo a pesare, alto oltre 1,80 cm, appena 40 chili. Uomo della Resistenza Mario Agnoli ed espressione genuina di quei valori. D'altra parte su di lui non potevano non esercitare un'influenza politica ed umana forte e duratura sia il padre deputato socialista nel dopoguerra, sia la madre cattolico cristiana fervente alla quale per tutta la vita sarà sempre legato intensamente. "Ti prego mamma, aiutami a sperare..." scriveva significativamente in una poesia del '46 che esprime il desiderio intimo di superare il male della guerra con le sue drammatiche conseguenze su donne, uomini e cose. Laureatosi a pieni voti nell'immediato dopoguerra, è stato fra i più giovani e forse il più giovane Segretario Comunale d'Italia in un paesino, Zoppe' di Cadore, essendo contemporaneamente reggente in altri Comuni del Cadore, prima di approdare a Feltre, lasciando ovunque un'impronta, che non si è cancellata nel tempo, di funzionario capace e pronto a dare risposte sia sul piano tecnico amministrativo, sia sul piano della disponibilità umana e sociale. Mario Agnoli è già in questo primo percorso nel quale unisce all'applicazione e gestione del diritto amministrativo il sentimento di partecipazione e condivisione dei problemi dell'individuo e della comunità. Dava già allora dimostrazione di quel felice intreccio fra ius conditum e ius condendum che sarà alla base del suo Ufficio, nel quale l'inesauribile conoscenza giuridica viene cristallinamente volta e "piegata" alla soluzione di esigenze sociali ed economiche e presuppone sempre un dover essere, un' idealità, la traduzione in una giustizia maggiore. Mai arido cultore di leggi e regolamenti Agnoli, il Segretario Comunale per eccellenza, anche nella città di Pistoia, dove è stato un maestro di soluzioni empiriche improntate alla concretezza, al buon governo, all'etica: un servitore dello Stato di altissimo valore che, senza mai apparire, in modo riservato, ha profuso pareri, orientamenti e indicazioni, anche una volta andato in pensione, a Comuni, Provincie e Regioni d'Italia nel ruolo primario svolto nell'ufficio di consulenza dell' ANCI, l'Associazione dei Comuni d'Italia, collaborando altresì a riviste le più importanti del diritto amministrativo e insegnando anche all'Università. La scienza di quest'uomo era e rimane semplicemente 'spaventosa', la mente lucida e aperta costantemente a nuovi saperi: una mente leonardiana che nel diritto amministrativo aveva il suo ubi consistam, ma traeva la sua origine da un'esigenza culturale più profonda: il rispetto, la valorizzazione, l'esaltazione di tutto ciò che nella vita è bello, giusto e saggio e, insieme, l'impellenza sottesa di accostare i misteri ultimi dell'esistenza. Al fondo, forse traendo sempre origine dalla cultura del padre e dalla sensibilità della madre, Mario ha sempre coltivato in ogni suo atto, un innato umanesimo, regalandoci uno stile di vita ispirato ai più alti valori, che ha come rinvigorito e rinnovato godendo di quel felice incontro che è stato conoscere, amare e camminare insieme a Marina, sua moglie. Certo è che, volgendo lo sguardo sul suo lungo cammino, si può veramente affermare che egli ha fatto fruttare tutti i suoi talleri, le sue doti. Poliedrico, si è interessato e ha scritto di storia, filosofia, sociologia, arte, religione e...letteratura: romanzi e, in particolare, poesie. Si, Mario è stato ed è fondamentalmente un poeta, un grande poeta nel senso più alto e onnicomprensivo del termine, nel significato greco di "creatore", capace di darci continuamente cose nuove, originali e originarie. È in questa prospettiva che prende forma compiuta il senso della sua incessante attività : Mario creatore di diritto amministrativo ( si pensi al suo ruolo nella realizzazione del Mercuriale o del Museo Marino Marini a Pistoia ), ma anche Mario oceanico scrittore di qualsivoglia aspetto dello scibile umano, critico letterario, componente e presidente di giurie e premi importanti come il "La Pira". Sempre alla ricerca di cose nuove. Si potrebbe dire che " non si è fatto mancare nulla": sacrifici, dolori ma anche gioie, come si è visto, e su tutte le vicende vissute una necessità di riflettere e ricordare per restituirci un messaggio, un contributo, un'emozione e, forse, guardando più lontano, il senso stesso della vita. E quale forma dell'essere, quale parola che fonda e crea, heiddegerianamente parlando, è più adatta a tal fine della poesia e delle lettere? Come ha sottolineato Giuliana Bonacchi Gazzarrini, per scoprire l'identità segreta di Mario Agnoli occorre riandare provocatoriamente all'ammonimento di Hoerderlin : "...un dio è l'uomo quando sogna, un mendico quando riflette". Si, apparentemente incredibile, ma è così. Qui, nella poesia e nel racconto, in una straordinaria applicazione dell'immaginazione di kantiana memoria, il grande esperto del diritto, finalmente libero da ogni vincolo contingente, esprime se stesso, la sua anima e svela il proprio io: il tratto gentile e l'eterna giovinezza del suo essere, il sentire profondo, la tensione morale verso una società rinnovata Basta venire al romanzo " L'ombrellone ", l'ultimo di una trilogia della quale fanno parte anche "La fuga" e "La croda rossa". Ci sono pagine significative al riguardo. Per esempio quelle dedicate al dopoguerra, con l'aspirazione ad una società più equa, ovvero i ritorni costanti al tema dell'utopia, sul quale si sofferma il protagonista Luigi Neri. Qui c'è Mario e il suo sentimento di quel mondo migliore per il quale è vissuto e si è speso, aiutando il prossimo e la comunità, come fa lo stesso Luigi nella sua esperienza carceraria e nel momento tragico dell'inondazione che colpisce la sua terra: Agnoli stesso, lo sappiamo, si è direttamente interessato dei carcerati, sviluppando la lezione di Cesare Beccaria. Volendo, si potrebbe dire che molti dei temi e soggetti del Nostro rimandano a tracce più o meno intense ed importanti della sua vita, della sua biografia. In questo aveva un riferimento assoluto in un grande poeta del Novecento: Mario Luzi e la sua celebrazione drammatica dell'autobiografia, con in risalto il conflitto fra un io portato per le cose sublimi e i riscontri terreni. Per contro si veda quanto scrive il protagonista del romanzo, alias Agnoli, intorno alla sua produzione poetica e letteraria, alla quale si dedica al di là della sua professione di giornalista: "...è legata alle stagioni della vita, con i relativi accosti, le connotazioni temporali, le tribolazioni, le inquietudini, i nuovi sentieri, i frammenti, le ombre sulle proiezioni luminose". La relazione fra lo scrittore e il protagonista è talora talmente forte che questi, in altro passo del racconto, allude ad una nuova futura trilogia di romanzi da dare alle stampe, proprio come era intenzione di Mario Agnoli per il prossimo futuro... Ad adiuvandum. Nella Prefazione al primo romanzo, ovvero "La fuga", egli stesso parla della sua narrazione come " adesione allo sviluppo sistematico degli avvenimenti storici che corrisponde ad un'esigenza storica senza tuttavia impedire alla fantasia di costruire situazioni oltre il piano personale " e ci dice espressamente di " voler ricostruire" e " far rivivere con i suoi personaggi buona parte delle vicende storiche del primo dopoguerra sino agli anni '80, riprendendo aspetti fantastici e vissuti sofferti e gioiosi dell'autore". Non solo. Nella stessa Prefazione, che è come un'introduzione all'intera trilogia, scrive: "Alcuni fatti sono sorretti dalla ricerca spirituale, con ampi spazi riservati al dialogo", come a confermare che le vicende narrate diventano anche occasione di riflessione, approfondimento e direi sublimazione di vita vissuta in carne e ossa . E infine, nella Presentazione de "L'ombrellone", sottolinea che in esso "sono evidenziati in particolare i ricordi. Il passato è una componente essenziale della mia narrativa in cui la fuga non riesce in alcun modo ad essere indenne dal continuo ripristino del vissuto". La lotta continua, che i suoi personaggi, come Luigi ne "L'ombrellone", hanno sostenuto prima e dopo la guerra, è contemporaneamente autobiografica e universale: in essa ciascuno può riconoscersi come uomo. Le esperienze vissute dall'Agnoli, uomini ambienti cose, divengono materia per rappresentare realtà e vicende dense di significati, " a volte scandagliati nel loro simbolismo concettuale, - come ha scritto Fabio Flego -, a volte volutamente oscuri, per un bisogno forte di continuare a pensare sulle cose rimaste in sospeso", sui dubbi, sui silenzi dell'essere. I protagonisti, in particolare, si muovono su più piani e con diversi interessi e fini, ma in tutti è presente l'Autore come narratore, confessore, giudice, critico, intellettuale impegnato, uomo che si sofferma, infine, cristianamente e laicamente sui grandi architravi della storia: il bene e il male. Il tutto in forme e storie apparentemente " leggere " o " lievi". "L'ombrellone", per esempio, si presenta come una "pièce teatrale" nella quale si svolge una narrazione di accadimenti e scene fra loro concatenate, dove entrano ed escono figure cui spetta la funzione di 'spalla' dei veri protagonisti, Luigi ed Elisa, con il loro amore sofferto e contrastato che costituisce il leit motiv dell'opera. In essa si fondono due cifre stilistiche e relativi piani narrativi: le vicende delle persone e quelle storiche del secondo dopoguerra ( la ricostruzione delle città, il boom economico, il '68 ) arricchite da un piccolo e autentico giallo, ossia un furto di gioielli. Tale scenario, insieme ad un ombrellone di una spiaggia immaginaria in quel di Torre marina e all'albergo detto Delle Palme, costituisce lo sfondo sul quale si sviluppa il romanzo. La ricostruzione del dopoguerra è affidata alla rappresentazione di città 'allusive', Coriola e Lusinia, ( l'una più industriale l'altra più volta ai servizi ), e alla nascita di circoli culturali, mentre il '68 viene adombrato nella discussione sulla scuola fra Elisa e la sua amica Mary, entrambe insegnanti. È una ricostruzione lucida, per certi aspetti anche analitica, con accenni all'urbanistica, alla gestione amministrativa della cosa pubblica, al fervore culturale del tempo, ma persiste sempre una tendenza sui generis a dare agli eventi un significato metaforico e analogico. Lo stesso titolo del romanzo rimanda ad un'immagine, l'ombrellone, sotto il quale si raccolgono e si raccontano le persone, le relazioni umane, i sogni, le cose futili, la vita. In realtà in ogni pagina si dispiega quel "pensiero poetante" che è il segno costante della sua opera letteraria dove, come nello Zibaldone leopardiano, confluiscono pensieri e riflessioni allo stato puro. Contemporaneamente, all'interno stesso del lungo percorso creativo che va dalle prime alle ultime poesie, si è venuto affermando ed affinando nel Nostro un lirismo coinvolgente ed emozionante, nel quale una delicata sensibilità si accompagna ad un uso sempre più felice della tecnica espressiva, dove confluisce la lezione dei classici, del Foscolo, del Leopardi, del Pascoli e dei moderni come Montale, Ungaretti e, per venire più vicino ai nostri giorni, come Giorgio Caproni con quella sua raffinata perizia metrico stilistica unita a immediatezza e chiarezza di sentimenti. Quel lirismo è presente anche qui ne "L'ombrellone" dove, ancora una volta, Mario Agnoli affida alla poesia, alle poesie ivi presenti, la funzione di cogliere ed esprimere gli stati d'animo più profondi, i moti che si manifestano nel nostro inconscio, discoprendo più o meno velatamente e misteriosamente le nostre angosce, speranze, gioie: in modo impalpabile, come se alla poesia affidasse rispetto alla narrazione, il compito di esprimere intimamente la sua visione della vita e del creato. Ma, rispetto agli altri romanzi, in questo la stessa componente narrativa acquista ancora più forza e profondità espressiva, fondendo nel racconto, in una prosa originale e complessa, categorie dello spirito e universi diversi come il sentimento e la ragione, l'arte, la filosofia, la sociologia e la psicologia, con una componente-dominante a se che non possiamo non sottolineare: la rappresentazione potente, volta a volta dolce, triste o gioiosa della natura che, come interiorizzata, diventa paradigma dell'animo umano. Sarebbe bello e interessante avviare uno studio sulla cosmogonia del Nostro, sulla centralità del vento, per esempio, che è come l'avemos greco, lo spirito vitale; o quello degli orizzonti aperti o stellati, le montagne, le valli, i fiumi, le stagioni, le albe, i tramonti; o quello di alcuni fiori, piante, alberi...in primis la betulla, che si erge fiera della fierezza e leggiadria con la quale ha vissuto Mario. Il nostro nella natura sembra vedere proprio un luogo privilegiato dove il mutare ciclico del tempo acquista senso e significato. Quel senso e significato che spesso sembra sfuggire nella vita dei suoi personaggi, anche in questo racconto, travolti da eventi repentini e oscuri, sempre alla ricerca del perché delle cose, in bilico fra il bene e il male, la salvezza e la perdizione. Per Mario Agnoli, infatti, l'esistere è sofferenza, dolore, ingiustizia, ma anche volontà e aspirazione ad altro. Con una Weltanschauung che richiama il pessimismo romantico eroico di Leopardi e non decadente di Schopenhauer, sulle orme di Dostoevskij, egli indica infine nella bellezza un possibile riscatto dal dolore, dal male e dall' ingiustizia dell'uomo. Una bellezza, in verità, non solo estetica, ma umana, piena di giustizia sociale e di intima felicità individuale: ancora una volta quel connubio fra reale e ideale che costituisce l'essenza più autentica di un intellettuale ancora 'impegnato' e volitivo ( nonostante l'età ) nel perseguire la purezza del sentire con la profonda aspirazione ad una palingenesi spirituale dal 'male di vivere' di montaliana memoria. Ed è proprio nella consapevole esistenza di questa spiritualità che, sulle orme di Kierkegaard, è presente costantemente nelle sue opere, e quindi anche ne "L'ombrellone", l' angoscia e la tensione di chi scopre che tutto è possibile e nulla è possibile, la vertigine di scegliere infine fra il bene e il male, con un libero arbitrio che diventa possibilità assoluta. Anche di espiare per delitti non commessi senza difendersi poiché, scrive, " siamo maschere alla ricerca di un'identità" dove "i riscontri della nostra quotidianità", per tornare ad un tema già accennato, " sono solo convenzioni sociali". C'è negli "attori", nelle figure descritte, nei loro drammi e contraddizioni, molto del grande Feodor Dostoevskij, con gli amori e le passioni contrastate, la presenza diabolica del male, la perversione e il tradimento e , insieme, la "resurrezione". Volendo si potrebbe affermare che nelle sue opere c'è specificamente molto dei fratelli Karamazov con i loro diversi stili di vita. Ma...se è vero questo è pure vero che, anche in quest'ultima opera, nelle parole di Luigi Neri espresse nel suo incontro con Padre Pacifico, emerge con chiarezza come in Mario Agnoli la bellezza, in quanto finalità dell'uomo, è e deve sempre essere accompagnata dalla speranza, dall'amore, dalla verità e dalla giustizia. Questo, sembra dirci, è l'asse sul quale dipanare il nostro sentiero, il nostro impegno ( di vita ), essendo comunque consapevoli che esistenzialmente : " non esiste la regola del divenire, soltanto un filo di seta dove si appendono le speranze" e all'uomo non resta altra scelta che "avvitarsi al ramo della ragione come un tralcio d'edera alla mansarda delle illusioni così vicino al cielo da sembrare una pertinenza di nube". Qui, come egli scrive, in questo stato, che è il punto più alto della razionalità e laicità nel quale tenersi, il poeta è come se si trovasse in sospensione e avvertisse che comunque manca qualcosa all'uomo Prometeo -"colui che riflette prima"- per rubare il fuoco agli dei e conservarlo per sempre. In questo scarto, in questo vuoto che si crea nel pensiero pensante di Mario Agnoli, si affaccia un'ultima categoria dello spirito, rimasta sempre nascosta sotto la cenere, ovvero presente solo nei brevi colloqui di Luigi Neri con Padre Pacifico: qui, ne "L'ombrellone", e nelle figure religiose presenti negli altri romanzi, si profilo lo scopo della preghiera, della fede. A fronte di Luigi che sottolinea come " l'uomo è attratto dai beni materiali ", il teologo risponde: "...questo ha senso in un mondo di uomini indifferenti, la fede fornisce gli strumenti di conoscenza e alcuni di questi sono riposti nella preghiera". Sotto la cenere, come nella sua vita, dove Mario non ha mai esposto il suo credo, come fanno in molti farisaicamente, appare l'uomo religioso e si scopre un'altra faccia o valenza della sua opera. Una valenza fondamentale perché, ancorché sotto traccia, nascosta, coltivata in modo interiore, quella fiamma, la fede, conosciuta sin da piccolo, è rimasta sempre accesa e ha illuminato e come 'indorato' le sue opere squisitamente laiche, la sua scienza e conoscenza ed ha inverato i valori morali con i quali, testimoniandoli, ha vissuto. Da qui quella ricerca costante, sempre presente, anche nei protagonisti Luigi, Elisa, ma anche Giovanni,de "L'ombrellone", a scandagliare i moti più segreti dell'anima, interrogando la propria coscienza, come in un dialogo con il proprio io che richiama quel "redi in te ipsum" di S. Agostino che, a parer nostro e più di quanto non sembri a prima vista, sottosta alla poetica del Nostro, come fondamento ultimo di qualsivoglia catarsi; tale catarsi può sfociare nell'affermazione come nell'annientamento della vita, quella autentica, come avviene nel romanzo anche in Luigi e Giovanni con due opposti esiti. Piace allora pensare che in ultimo, proprio con quella fede che lo accompagnava, guardando Dio faccia a faccia, Mario Agnoli ci abbia lasciato le ultime parole di questo romanzo dove, parlando dell'indugiare dell'uomo, aggiunge: " vorrei dove il muro ritaglia i silenzi nell'ultima ora del giorno che muore". Un'infinita malinconia accompagna queste parole che tradiscono, oltre le fatiche della vita, l'ansia di scoprire l'ultimo confine per guardare oltre. È una malinconia, quella del silenzio, delle ombre della sera, spesso presente. Un'intera sua raccolta di poesie porta il titolo"Esperia", dove la parola per un verso afferisce alla speranza, ma anche ad Espero, la stella della sera con la nostalgia delle persone perdute e delle esperienze vissute. Ricordo che egli aggiunse un ultimo rimando, quello alle "Esperidi", al giardino interiore dove, sono parole sue , " l'albero dei pomi d'oro della poesia risplende nella luce viva dei sentimenti e dell'appartenenza umana". Ecco, è riandando a queste parole che la malinconia, pervasiva e travolgente nel finale del suo ultimo romanzo, si scioglie nella certezza che la sua opera umana e poetica in senso lato, i suoi "pomi d'oro", continueranno non solo ad essere presenti, a confortarci e illuminarci nei nostri indugi, nelle nostre incertezze e nei nostri interrogativi di vita, ma anche ad accompagnarci nell'aspirazione a costruire un mondo e uomini migliori. Si tratta di un fine per il quale le lettere possono concorrere in forma intima, ma in modo determinante e duraturo, per ricondurci a quella "Riconquista dell'essere" alla quale Mario Agnoli ha dedicato e emblematicamente intitolato la sua trilogia. Quelle stesse lettere, la poesia come la narrativa, per le quali , intese e vissute in questa funzione, Mario ha ha dato tanto e per le quali siamo convinti meriti un sempre più ampio e dovuto riconoscimento dal mondo della critica letteraria italiana. Carlo Vannini
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MARIO AGNOLI Giurista, poeta, scrittore e ... urbinate di adozione |