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SAGGI      di       Mario Agnoli
FLAVIO  BARTOLOZZI

Flavio il profumo della natura Flavio e David Un segno per la pace Il segno della parola Insieme per
Don Siro

 

FLAVIO, IL PROFUMO DELLA NATURA

 

PREFAZIONE

Mario Agnoli percorre gli aspetti centrali dell’opera di Flavio Bartolozzi, cogliendone a pieno l’originalità e articolando, in paragrafi introdotti da versi di particolare capacità suggestiva, temi e contributi critici.

[1 testo è denso di riferimenti non solo alle problematiche cogenti dell’oggi ma si apre a un’indagine puntualmente attenta alle opere-caposaldo, formulando e documentando l’asserzione di un artista neo-umanista. Sono peraltro accolti contributi critici determinanti come quelli di Armando Brissoni o le acutissime osservazioni di Mario Luzi. Il riferimento a Picasso è prezioso anche perché postula lo statuto dell’artista in contrapposizione a quanto stiamo vivendo.

La qualità, la validità e il fascino stesso del saggio stanno nell’approccio da poeta e quindi nel recupero della tensione creativa di una personalità che è colta nel vivo, nel magmatico scorrere dell’esistere, fin nella formazione, verificandone la poetica e la ricerca nelle opere eseguite nelle diverse tecniche.

Un intervento raro, sotto tanti punti di vista, questo di Mario Agnoli ed arte esso stesso.

UgoBarlozzetti

 

          


 

Progetto:Domenico Asmone

Foto: Duccio Bartolozzi

Sponsor: Arciconfratemita Misericordia di Pistoia,Ugo Barlozzetti, Andrea Bolognesi, Aligi Bruni, Francesco Colapietro, Sergio Fedi,  Alberto Marini

 

 

FLAVIO; IL PROFUMO DELLA NATURA
di Mario Agnoli

Alcune precisazioni dell'autore

Il titolo del libro “Flavio Bartolozzi - il profumo della natura” è, in effetti, abbastanza rappresentativo ovvero solo parzialmente riduttivo, almeno per il verso dell’uomo artista. Sarà, comunque, il testo, nelle sue partizioni, ad individuare la sfera degli aspetti dell’artista complessivamente considerati.

Ci scusiamo del limite.

Il testo si richiama pressoché continuamente ad opere del Bartolozzi, di pittura e di scultura.

Esse sono riportate nel testo in relazione ai relativi espressi riferimenti.

La distribuzione delle partizioni è diversa da quella seguita anche dalla più recente saggistica sull’arte di Bartolozzi, ma questa scelta è unicamente legata alla impostazione del saggio e non preclude la possibilità di un eventuale utile coordinamento.

Infatti se la partizione di un lavoro in generale corrisponde a ragionevoli opportunità di programma anche editoriale, l’indagine invece sulle singole opere d’arte, nella parte che viene presa in particolare esame, è prevalentemente interessata al mantenimento di una relazionale stretta e sensitiva.

Può quindi verificarsi una posposizione irrituale rispetto alla codificazione; al riguardo si comprende come in quest’ultima ipotesi esista la tendenza alla spinta in avanti lungo direttrici occasionalmente spontanee e personali. D’altro canto l'accorpamento per finalità di rassegna soggiace a regole di forma e di relazione consolidate.

Ogni elemento che sarà offerto per la elaborazione di un quadro complessivo da attribuire alle parti in cui è suddiviso il presente saggio, può essere preso in considerazione, ma nei casi di possibile complessità degli elementi che influiscono sulla relativa indicazione, trova applicazione il criterio della prevalenza stilistica senza che, tuttavia, per questa prevalenza possano essere sottratte le considerazioni sugli altri elementi.

Mario Agnol

 

 

Capitolo Primo - L'Uomo

Dall’immagine risale l’essenza

Ai suoni, ai versi

Ed è sensazione d’infinito

Dove la misura diviene occasione.

 

L’ambiente è una dimensione naturale, non necessariamente un limite invalicabile, ma rispetto all’uomo è un presupposto sociale.

Per concludere sullo stile dell’uomo è necessario rifarsi all’ambiente nel quale I’uomo stesso è vissuto.

Per Flavio Bartolozzi l'ambiente non è una costante fìsica, ma è una relazione piena di combinazioni, alcune utilmente obbligate, altre assolutamente libere, legate per lo più al bisogno istintivo di fuga, di andare, di individuare nuovi spazi.

Flavio Bartolozzi nasce a Pistoia il 2 Febbraio 1938, nel pieno della crisi politica occidentale; in seguito è stato testimone delle sciagure di guerra che hanno profondamente colpito il suo animo.

II dolore e la pace, nella complessa situazione del suo essere, sono costanti che prendono forme diverse: d’ali e di corpi irrimediabilmente scomposti. Completati gli studi minori a Pistoia, frequenta l’Istituto d’Arte di Firenze.

La divisata situazione ambientale è vissuta da Bartolozzi senza alcuna ambiguità e quindi senza rimozione, rimangono nell’essere i simboli dell’infanzia e si propongono le fughe dalla realtà.

L’uomo è risoluto nelle scelte; conseguentemente l’ambiente diviene un’attrazione selezionata.

Bartolozzi cresce con la storia del suo tempo nel tentativo incondizionato di esserne testimone, con il solo pregiudizio legato ai simboli che inconsciamente si sono costituiti nel suo essere.

Il bisogno di verifica continua delle sue coordinate spirituali lo costringe all’elaborazione di teorie ispirate all’alternanza degli stessi simboli, con prospettive effettivamente inappaganti.

Si perviene quindi alla codifica di un uomo dalle sensazioni immediate, che non tenta alcun espediente per nascondere le sue sollecitudini a disordinare il bello apparente.

Se poi si tentano i percorsi delle radici, allora si può essere sorpresi dalla presenza di valori estremi: il bisogno di donare, il desiderio di ricercare la fratellanza, e la febbrile ricerca dell’essere profondo sulle pieghe della trascendenza. L’ulteriore ricerca sui temi dell’uomo porta a considerare l’esigenza di stabilire la natura delle relazioni tra l’artista e i personaggi delle sue opere, non sotto l’aspetto della produzione in se, ma sotto quello speculativo, nell’intento di percorrere la combinazione inversa tra opera artistica e autore a fini di dissimulazione. Ne viene fuori una simbiosi, senza contrapposizioni, senza apparenze.

Dunque un uomo che sembra vivere all’interno di fitte geometrie formate da segni ai quali ama appendere i suoi pensieri.

Nel tempo, Pistoia ritorna ad essere il luogo delle trasposizioni umane, lo spazio in cui lo spirito tende al diffuso sociale, e la costante esperimentale diviene rimedio dell’ansia.

Mario Agnoli   

 

 

 

Capitolo Secondo - L'Artista

 

L'arte è un sottile filo di seta

Intreccia l'anima nel momento

In cui il mistero s aggrega

Sui pontili deserti. Intanto

La mano ricerca il segno

Per limitare l'orizzonte senz'onda.

 

Quando si parla di un artista è abbastanza diffusa la domanda: a quale corrente artistica egli appartiene? La risposta è di routine e cioè irrazionalmente deposta sull’occasione generica, perché, appunto, bisogna in ogni caso attribuirle un’ispirazione scolastica.

Se poi qualcuno si azzardasse a derogare alla regola esegetica, allora può essere tacciato di superficialità.

La risposta, tuttavia, potrebbe essere diversamente inquadrata. Ad esempio, si potrebbe affermare che l’impostazione culturale, direttamente appresa dagli studi accademici, risente di determinate influenze, che assumono rilevanze inconsce.

Ora, com’è risaputo, queste rilevanze sorprendono ineluttabilmente l’animo dell’uomo, perciò è ragionevole ritenere che esse si introducano proprio nel momento dell’espansione creativa senza essere, a tal fine, né preordinate, né dialetticamente stabilizzate.

Non è casuale nelle scelte umanistiche di Bartolozzi il ricorso all’antologia tra arte e poesia, aperta a più soggetti. Allora essa può essere una felice occasione culturale oppure il tentativo di ricercare proprietà artistiche affini in grado di individuare invenzioni innovative.

Su quest’aspetto la critica dovrà esprimersi, ma, per quanto è dato attualmente riassumere, non sembra possa escludersi la presenza di uno stile proprio, che mutua dal passato forse solo gli accessi semantici. La scrittura è originale direttamente orientata a rimuovere i cedimenti ai valori classici, per mettere natura e uomo entro la storia in un ambito fattuale senza l’ironia del soccombente.

L’equazione è immediata: se la rappresentazione della realtà avviene mediante l’intercettazione della realtà stessa da parte dell’artista, questi rimane in ogni caso innovatore salvo che non incorra nel manierismo grottesco.

Rimangono tuttavia risolutivamente inefficaci le rappresentazioni falliche ove si prescinda dall’interpretazione che evidentemente non può essere riconducibile ad un’elaborazione morbosa del gusto. Interpretare significa entrare nella volontà dell’autore per riscontarne la proiezione reale, ed allora codeste rappresentazioni possono assumere connotati espressivi di forze primordiali (Forme astratte, 1977, acrilico, cm 100x70. Segno maschio, 1980, acrilico, cm 100x70)

Oppure sono solo percezioni acritiche che tendono a mobilitarsi all’interno di una speculazione morbosa, per essere assorbite dalla situazione prevalente, proprio come monadi al pari di totem.

Il discorso a questo punto tenderebbe a rimanere nell’esilio della fantasia e come tale aperto alla tolleranza dei sensi, ove non sia esteso alla psicologia.

In queste occasioni è di regola ricorrere alla teoretica freudiana, essendo ancora perdurante il bisogno di ascoltare le voci del remoto non convenzionale. L’uomo si proietta nell’azione ignara dell’autonomo persistere delle connotazioni forti di radici dell’essere ed è quindi inspiegabilmente testimone della sua stessa arte, perciò in questa chiave di lettura la morbosità non è esercitazione produttiva, ma è un’ineluttabile accadimento cui si è costretti a aderire perché il tempo non ammette alcun salto. Se tutto questo è rapportato alla sola pittura allora non sollecita altre esperienze esegetiche, se tuttavia esso deve essere rapportato alla scultura, in questo caso richiede un ampliamento sebbene in direzione degli aspetti creativi. Da un lato si interviene sul legno, sulla carta (pittura) e, dall’altro lato si toglie all’informe materiale il guscio “protettivo” dell’essenza in divenire (scultura).

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Mario Agnoli   

    

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