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Etica e letteratura in Mario Agnoli “Vorrei che l’amore fosse di natura morale" Un contributo di Andrea Bolognesi
Pubblicato in
"Leopardi News Letter N° 44
Non è certo impresa di poco conto, vista la complessità del pensiero e dell’attività di Mario Agnoli, parlare del suo lavoro letterario; due versi, però, che sono l’incipit della poesia dal significativo titolo II diritto come morale, mi sono sembrati un buon punto di partenza: “Vorrei che l'amore fosse di natura e di morale / come è del gradire l’altrui felicità.” Due versi che nella loro lirica semplicità, ci riportano ai grandi temi della filosofia e ci prospettano l’immagine dell'uomo che per vivere una vita piena e felice deve tendere a costruire un perfetto equilibrio tra i suoi istinti naturali e le regole civili e morali. (% continua) |
(% continua) Questo, per Mario Agnoli, è stato uno degli scopi e dei meriti della sua instancabile attività: cercare di conciliare il bene dell’individuo con quello della società. Grande esperto di diritto amministrativo per professione, docente universitario, Segretario del Comune di Pistoia e autore di numerose opere di tecnica giuridica e saggi su riviste specializzate nel settore, non c’è dubbio che gli studi di diritto abbiano avuto un’importanza fondamentale nella sua vita, ma non da meno è stata la sua passione letteraria che, specie negli ultimi anni, sembra essere diventata preminente perché gli permetteva di esprimersi liberamente facendo partecipi gli altri del suo pensiero unito alla sua esperienza di vita. Per questo, la sua non è una letteratura intimista e raccolta su sé stessa, ma una letteratura che pur trovando spesso radici in esperienze autobiografiche, com’è logico e giusto che sia, affronta quelle tematiche che sono essenziali nella vita di un uomo. “Il mio problema” fa dire, per esempio, a Luigi il protagonista del suo ultimo romanzo L'ombrellone, “sta all’interno del perché del male, delle complicazioni inevitabili dovute all’imponderabile”. E al problema del superamento del male e della sofferenza insita in varie forme nella vita umana, Mario Agnoli ha dedicato la “Trilogia della riconquista” composta da tre romanzi pubblicati tra il 2012 e il 2017. “Il perché di questi romanzi,” diceva, “va per l’appunto ricercato prevalentemente nel vissuto e nella condizione di esso nell’inconscio. E’ un vissuto di ricordi del tempo giovanile, dei primi amori, delle scelte, delle percorrenze etiche, delle frustrazioni, dei bisogni civili e degli impegni sociali.” Un vissuto che si confronta e si integra continuamente con la storia e la società. Nel primo romanzo La fuga, (Giraldi Editore, Bologna, 2012), il male e la sofferenza sono causate dallo sradicamento dalle proprie radici. La vicenda ha come sfondo le vicende storico-sociali della seconda metà del Novecento. La fuga è quella da un orizzonte di vita usuale e ristretto non più consono al tempo che si sta vivendo. Questa operazione comporta, però, un drammatico distacco dalle proprie certezze, con una successiva faticosa ricostruzione di una propria identità e di un proprio spazio e impegno nella società. Nel romanzo La Croda Rossa, (Giraldi Editore, Bologna, 2015), il male diventa la prepotenza del potere che annulla il singolo e opprime la libertà della collettività con un regime autoritario. Alfredo, il protagonista, vive la sua storia nelle vicissitudini dell’Italia oppressa dalla dittatura fascista e trova la forza di resistere nella propria integrità interiore, nei sentimenti e legami familiari, fino al ritorno alla Croda Rossa, montagna che nella sua bellezza e maestosità, diventa simbolo della liberazione dall’oppressione e dal male. Ne L’ombrellone, (Giraldi Editore, Bologna, 2017), il male è la perfidia umana e i limiti del contesto sociale nel quale l’individuo si trova a vivere. La storia si sviluppa in un arco temporale di sette anni, dal 1958 al 1965, e racconta la vicenda di Luigi che subisce intollerabili ingiustizie che lo porteranno sul limite dell'autoannientamento. Lo salveranno le proprie risorse intellettuali, culturali, affettive e spirituali: “Luigi pensa, ripensa, poi improvvisamente si avvita al ramo della ragione, come un tralcio d’edera sulla mansarda del palazzo delle illusioni.” Un ruolo importante, accanto alla narrativa, lo occupa la poesia che, tra l’altro, lo ha impegnato per trentacinque anni come Presidente di giuria per la poesia al premio “Giorgio la Pira” di Pistoia. Nove sono le raccolte poetiche che ha pubblicato tra il 1972 e il 2016, nelle quali intimi ricordi autobiografici convivono con un forte impegno civile alla ricerca di una risposta ai molteplici e talvolta drammatici perché della vita. Già dai titoli delle raccolte, come ebbe a scrivere l’autore, è possibile cogliere alcuni aspetti, peraltro essenziali, del relativo sviluppo poetico: In Poesie, (Rebellato Editore, Venezia, 1977) l’accostamento alla poesia si ispira alle tecniche del romanticismo, senza tuttavia perfezionare la forma. In II mercato, (Rebellato Editore, Venezia, 1981) il poeta trova nei beni dello spirito il suo rifugio, ed è più propriamente un “negozio” di idee al quale tende affannosamente. In Frammenti di un poema, (Rebellato Editore, Venezia, 1983) la costruzione poetica tende all’accorpamento secondo un programma ideale. In effetti l’accorpamento ha luogo, ma, “un incendio” = simulazione distrugge più parti del poema. Rimangono per l’appunto solo “frammenti”. In Ombra, (Nuova Compagnia Editrice, Forlì, 1988) il titolo si fa sotto nell’immagine dell’ombra. E sono ombre le cose nel chiaroscuro della sera. La tristezza del poeta è come l’ombra del suo dolore che non riesce a nascondere. In Essenze (La Nuova Agape, Forlì, 1999), il poeta supera le precedenti esperienze, organizza il pensiero poetico e tende al sorpasso ideale. In Esperia (Giraldi Editore, Bologna, 2010), nella grande ombra dell’infinito appare una stella; un frammento di luce. In Nati dal vento, (Giraldi Editore, Bologna, 2013), è il passato che preme nel tempo della malinconia: quella che sorprende il poeta alla fine del giorno, con le prime ombre della sera. Nell’ultima raccolta Dove cresce il cipresso (Pistoia, 2016), il poeta ci offre un rapido consuntivo della sua vita e degli intenti e pensieri che l’hanno animata, ripercorrendo i luoghi e i tempi dall’aspro Cadore dove è nato, alla dolce terra Toscana dove ha vissuto per molti anni. Emergono un insieme di intime e personali emozioni e riflessioni che convivono strettamente con temi e problematiche etiche. Su tutto, però, si avverte l'ineluttabile scorrere del tempo, come inizio, maturazione e fine di ogni personale esperienza e fonte inesauribile di domande e di tentate risposte: “Quale è il senso della vita / nell'andare che consuma, / nel venire silente del passato, / nelle deboli inerzie dei pensieri? / Non saprei è vago: sembra un'ombra di nube.” E ancora “Ora è venuto l'altro tempo / delle siepi giganti a raccorciare gli spazi del cielo, / anche l'orizzonte s'è nascosto tra le nubi dei fossi. / E’ così la vita: un intenso disperdere di cose / sognate / di idee recise dai voleri incerti e il rimanere sospeso / sul punto d'arrivo.” A leggere questi versi sembra quasi che il poeta già avvertisse l’imminente termine dei suoi giorni. Non vi si avverte paura, ma solo pacata rassegnazione allo scorrere del tempo e ancora, e forse con più intensità di prima, il tentativo di placare le sue ansie e la sete di risposte che ancora lo tiene, nella malinconica armonia e bellezza del verso. Un’intensa attività dunque, non fine a sé stessa ma sempre mossa da profondi intenti morali e sociali. Un’attività multiforme, ma sempre ordinata e indirizzata verso fini e orizzonti ben chiari. Una letteratura che ben riflette la vita e il pensiero di Mario Agnoli. Andrea Bolognesi Pistoia-10 Ottobre 2017
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